Oggi, 15 maggio 2022, viene proclamato santo in Piazza San Pietro Charles de Foucauld,
un originale apostolo del Vangelo che ardeva dal desiderio di far
conoscere e amare il “suo” Gesù, vivendo tra i Touareg nel Sahara
algerino: “Risiedo qui, solo europeo… Felice di essere solo con Gesù, solo per Gesù”.
L'evento,
come ogni canonizzazione, coinvolge e commuove tutta la Chiesa, e
soprattutto le 19 famiglie di laici e sacerdoti che si richiamano alla
sua spiritualità.
C'è però anche un 'figlio spurio' che si sente coinvolto e quasi accomunato al nuovo santo in questa giornata speciale, ed è Kiko Argüello, fondatore del Cammino Neocatecumenale.
Sul sito ufficiale del Cammino neocatecumenale infatti alla canonizzazione di fratel Carlo è stato dedicato un articolo, a firma di don Ezechiele Pasotti,
in cui si afferma che, con Kiko, vi sarebbero «legami vari e
profondi, e vanno dal momento della loro conversione, all’intuizione
della vita nascosta in mezzo ai poveri, al modo di stare come “poveri
tra i poveri”, sino al “sogno” di una cappella per l’adorazione sul
Monte delle Beatitudini».
Vogliamo analizzare uno ad uno questi
presunti legami fra il santo che oggi viene elevato agli altari e colui
che, con tanta insistenza, da più di mezzo secolo sostiene di essere
un suo fedele imitatore.
La conversione.
Charles de Foucauld,
dopo un’adolescenza vissuta lontano dalla fede, immerso nei piaceri di
una vita facile e agiata, cominciò ad avvertire un’inquietudine
esistenziale durante una pericolosa esplorazione in Marocco e, rientrato
in Francia, continuò la sua ricerca stimolato dai buoni esempi di
persone cristiane: «Ho iniziato ad andare in chiesa, senza essere
credente, non mi trovavo bene se non in quel luogo e vi trascorrevo
lunghe ore continuando a ripetere una strana preghiera: “Mio Dio, se
esisti, fa che io Ti conosca!”». Con l’aiuto di un santo sacerdote, il
padre Huvelin, ritrovò la fede e tornò ai Sacramenti nel 1886; aveva 28
anni.
«Come credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo far altro che vivere per Lui solo».
Il
cammino di fratel Charles, dal giorno del suo rinnovamento interiore,
continua ad essere ricerca appassionata di Cristo, delle sue orme, da
ricalcare amorosamente una per una, in modo tale che la sua vita sia
insieme imitazione fedele di Gesù e perdita di sé nel “Beneamato”: «Amo
Nostro Signore Gesù Cristo e non posso sopportare di condurre una vita
diversa dalla Sua... Non voglio attraversare la vita in prima classe, quando Colui che amo l’ha attraversata in ultima classe...».
Anche
Kiko ebbe una crisi esistenziale, e una conversione, ma il suo
obbiettivo non era quello professato da Charles de Foucauld, il seguire
l'esempio di Cristo.
Lo spiega più tardi, nei suoi "Orientamenti per la fase di conversione" (il mamotreto delle catechesi iniziali): «Gesù Cristo non è affatto un ideale di vita»
«la gente pensa che Gesù Cristo è venuto a darci una legge più
perfetta della precedente e che, con la sua vita e la sua morte, la sua
sofferenza soprattutto, ci ha dato l'esempio perché noi si faccia lo
stesso. Per queste persone (ndr: ossia per tutti i credenti)
Gesù è un ideale, un modello di vita» «se Gesù Cristo fosse venuto a
darci un ideale di vita, come avrebbe potuto darci un ideale talmente
alto, talmente elevato, che nessuno lo può raggiungere?»
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Kiko nelle grotte di Murcia in una posa "alla de Foucauld" |
Il teologo passionista padre Enrico Zoffoli commentava queste, che definì senza esitazione "fandonie", scrivendo:
«Kiko
ignora che il Vangelo è il messaggio esistenziale che in ultima
analisi si riduce alla più sapiente, amorosa ed eroica sequela di
Cristo, spinta fino a pensare, sentire, vivere come Lui, in Lui e per
Lui (Fil.2,5).»
Cosa pensava invece Charles de Foucauld
della possibilità e necessità di imitare Cristo? Scriveva:
«Approfittiamo degli esempi dei santi, ma senza fermarci a lungo né
prendere per modello completo questo o quel santo, e prendendo di
ciascuno ciò che ci sembra più conforme alle parole e agli esempi di Nostro Signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù».
Esponeva
infatti in tal modo la propria ricetta spirituale: «L’imitazione è
inseparabile dall’amore: è il segreto della mia vita: ho perduto il mio
cuore per questo Gesù di Nazareth crocifisso millenovecento anni fa e
passo la mia vita a cercare di imitarlo per quanto è possibile alla mia
debolezza.»
È così che, dopo essersi consacrato a Dio come
monaco trappista, assetato di maggior povertà, maggior penitenza,
maggior conformità a Gesù, con il beneplacito dei superiori e del
direttore spirituale, lasciò la Trappa e si recò a Nazareth come eremita
presso un monastero di Clarisse; il suo scopo era quello di «condurre
il più fedelmente possibile la vita di Nostro Signore, vivendo soltanto del lavoro manuale e seguendo alla lettera tutti i Suoi consigli...».
L'idea,
il proposito e la trasposizione nella vita di fratel Carlo di Gesù
della sequela di Cristo e del conformarsi a Lui è completamente
antitetica a quella di Francisco (Kiko) Argüello.
La vita nascosta tra i poveri.
Charles
de Foucauld volle approfondire la sua vocazione attraverso una sorta di
vita eremitica, in preghiera, adorazione, lavoro silenzioso e grande
povertà.
Ciò avviene inizialmente in Terra Santa presso le Clarisse di Nazareth.
Fratel
Charles desiderava condividere questa “vita di Nazareth” con altri
fratelli. Per questo scrisse la Regola dei Piccoli Fratelli, che
codifica come una “vita di famiglia attorno all’Ostia consacrata”.
«La
mia regola – scrisse – è così strettamente legata al culto della Santa
Eucaristia che è impossibile che molti la osservino senza che ci siano
un prete e un tabernacolo; solo quando sarò diventato prete sarà
possibile avere un oratorio attorno al quale riunirsi e solo allora
potrò avere qualche compagno...».
Tornato nuovamente nel suo
Paese venne ordinato sacerdote a 43 anni nella Diocesi di Viviers. Ma
l’Africa lo chiamava nuovamente e così si recò nel deserto algerino del
Sahara, prima a Beni Abbès, povero tra i più poveri, poi più a sud a
Tamanrasset con i Tuareg dell’Hoggar.
Kiko
Argüello, sostiene l'articolo sul sito del Cammino, ha seguito passo
passo le orme del santo. E riporta una affermazione del fondatore
spagnolo: «De Foucauld mi ha dato la formula per realizzare il mio
ideale monastico: vivere come un povero tra i poveri, condividendo la sua casa, il suo lavoro e la sua vita, senza chiedere niente a nessuno e senza fare niente di speciale».
Non sappiamo esattamente cosa fece Kiko, insieme a Carmen, nel rione popolare delle Palomeras di Madrid.
Certo
è che vi rimasero per poco, e quasi subito cercarono di esportare
l'esperienza di "fraternità" provata in particolare con una colonia di zingari stanziatisi in quella zona nelle parrocchie ricche di Madrid.
La
povertà estrema, dopo averla provata sulla propria pelle, non era
assolutamente il loro ideale di vita, il paradigma di Charles de
Foucauld era diversissimo dal loro!
Un esempio della totale
indifferenza di Kiko Argüello rispetto all'apostolato fra i reietti
della società, si ha con il suo arrivo, insieme a Carmen Hernàndez, in
Italia.
Don Dino Torreggiani, primo sponsor ecclesiastico dei due
ispanici sul suolo italico, aveva creduto nella autenticità delle loro
vantate esperienze tra i poveri di Madrid e nutriva grandi speranze e
aspettative su di loro come "apostoli dei capelloni" (simpatizzanti del
movimento Hippy) che stazionavano giorno e notte in piazza Navona.
Ma Kiko, sbarcato nella Capitale proprio per questa missione, si rivelò un vero disastro!
Non
voleva saperne di evangelizzare i capelloni: dormiva, fino a tardi,
andava al cinema...; come confidò lo stesso Kiko a don Cuppini,
presbitero nella loro equipe prima di don Pezzi, la sua "ispirazione-aspirazione" era esclusivamente quella di andare a Roma per avvicinarsi al Papa (ed entrare nelle sue grazie). (Dal libro "Intervista a Francesco Cuppini" di Tarcisio Zanni).
Altro che vita nascosta tra i poveri!
Lo
stesso don Francesco Cuppini rileva come "interessante" il fatto che la
prima parrocchia "evangelizzata" da Kiko e Carmen a Roma fosse quella
dei Martiri Canadesi.
Scrive infatti «da uno che vive con i
baraccati ci si poteva aspettare più logicamente un apostolato rivolto
ai poveri, una comunità di poveri, un po' come a Madrid».
Ma conclude: «Invece il Signore qui a Roma il Cammino lo ha passato direttamente dalle baracche ai borghesi».
Quindi, secondo l'idea che Cuppini vuole accreditare, è stato Dio a
volerlo, facendo evaporare in breve volgere di tempo il grande amore
dei due iberici (borghesi pure loro) per Madonna povertà!
Non è inessenziale ricordare che questo afflato di vita nascosta tra i poveri non farà mai più parte degli obbiettivi dei due fondatori del Cammino neocatecumenale.
Il sogno di una cappella per l’adorazione sul Monte delle Beatitudini
Scriveva
Charles de Foucauld: «…Io credo mio dovere sforzarmi di acquistare il
luogo probabile del Monte delle Beatitudini, di assicurarne il possesso
alla Chiesa cedendolo poi ai Francescani, e di sforzarmi di costruire un
altare dove, in perpetuo, sia celebrata la messa ogni giorno, e resti
presente Nostro Signore nel Tabernacolo...».
Su
questo il santo ha tanto riflettuto e pregato che ne fissa anche la
data: 26 aprile 1900, festa di Nostra Signora del Buon Consiglio. Ed era
profondamente convinto che la sua vocazione di «imitare il più
perfettamente possibile nostro Signore Gesù, nella sua vita nascosta»
riceverà qui, sul Monte delle Beatitudini, una consacrazione più
radicale e definitiva.
«Lì potrò
infinitamente di più per il prossimo, per la mia sola offerta del santo
sacrificio…, sistemando un tabernacolo che con la sola presenza del
Santissimo Sacramento, santificherà invisibilmente tutti i dintorni,
allo stesso modo in cui nostro Signore nel ventre della madre santificò
la casa di Giovanni… come pure con i pellegrini… con l’ospitalità,
l’elemosina, la carità che cercherò di praticare verso tutti».
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Quando essere stati marxisti ed atei diventa un vanto... |
Ebbene,
a questo proposito appare proprio il caso di ricordare il disprezzo nei
confronti del Tabernacolo, la tiepidezza nei confronti della Presenza
reale e dell'adorazione al Santissimo di Kiko e Carmen.
Diceva Kiko negli "Orientamenti per la fase di conversione": «Noi cristiani non abbiamo altare, perché l'unica pietra santa è Cristo, Pietra angolare. Perciò noi possiamo celebrare l'eucarestia sopra un tavolo;
e la possiamo celebrare in una piazza, in campagna e dove ci piaccia!
Non abbiamo un luogo in cui esclusivamente si debba celebrare il culto».
E
Carmen gli faceva da sponda dichiarando: «Io sempre dico ai
Sacramentini che hanno costruito un tabernacolo immenso: se Gesù Cristo
avesse voluto l'Eucarestia per stare lì, si sarebbe fatto presente in
una pietra che non va a male» e proseguiva descrivendo come devianti
«l'adorazione, le genuflessioni durante la Messa ad ogni momento,
l'elevazione perché tutti adorino...Nel Medioevo all'elevazione si
suonava la campana, e quelli che erano in campagna adoravano il
Santissimo.»
Date queste premesse, è normale che finiscano per
dichiarare che «stanno scomparendo i contrasti con i protestanti perché
andando al centro, all'essenziale, coincideremo con loro» (secondo Kiko e Carmen, saremo noi a coincidere con i protestanti, non viceversa!).
Sempre
più abissale la differenza tra la visione di Kiko e Carmen, sulla quale
hanno istruito tutti i propri adepti e mai è stata esplicitamente
rigettata, e quella di fratel Carlo de Foucauld.
Su quanto poi il
lussuoso mausoleo della Domus Galilaeae con la cappella dell'adorazione
circolare oppressa dal gruppo bronzeo kikiano corrisponda all'ideale
di de Foucauld, si è ben espresso in una lettera aperta dolorante e scandalizzata un membro di una delle fraternità ispirate all'esempio di vita di fratel Carlo.
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Domanda più che lecita... |
Infine,
dopo aver parlato dell'imitazione di Cristo, della vita nascosta con i
poveri, dell'adorazione davanti al Tabernacolo che furono i fondamenti
su cui si è santificato Charles de Foucauld e rispetto ai quali invece
Kiko Argüello e Carmen Hernàndez hanno scelto una strada totalmente agli
antipodi, concludiamo con l'idea che nutriva fratel Carlo
dell'evangelizzazione cristiana.
Quella di Charles de Foucauld è
un'evangelizzazione «non attraverso la parola, bensì – come lui dirà –
attraverso la presenza del Santissimo Sacramento, l’offerta del divino
Sacrificio, la preghiera, la penitenza, la pratica delle virtù
evangeliche, la carità, una carità fraterna ed universale che divide fin
l’ultimo boccone di pane con qualsiasi sconosciuto che si presenti, e
che riceve chiunque come fratello amatissimo...».
Imparando la
lezione del Vangelo: “Tutto ciò che fate ad uno di questi piccoli,
l’avete fatto a me”, apriva sempre la porta quando qualcuno bussava,
rompendo la sua solitudine contemplativa. «Dalle 4.30 del mattino alle
20.30 della sera – scriveva in alcuni giorni –, non smetto di parlare,
di vedere gente: schiavi, poveri, ammalati, soldati, viaggiatori,
curiosi».
La sua vita trascorreva così, all’interno del suo recinto,
senza uscire a predicare ma pronto a ospitare chiunque passi di lì, amico o nemico che fosse. Che
differenza con la verbosa, ridondante, costrittiva, dispendiosa,
elitaria, divisiva, rumorosa, autoreferenziale "evangelizzazione" di
Kiko, Carmen e del Cammino neocatecumenale! |
Kiko voleva che fosse un "monastero" ma dovette ripiegare sulla cappella |
San
Carlo de Foucauld, ti affidiamo nella preghiera tutti coloro che ancora
credono nelle assurde pretese di santità e di cattolicità del Cammino
neocatecumenale così come voluto dai suoi fondatori, perchè,
considerando il tuo esempio e le tue virtù, rigettino senza altro
indugio le finzioni e le inautenticità con le quali li si vuole tenere
avvinti. Così sia.