Il motto della ditta è "🎳Un Tanto al Chilo 🎳". (E non lasciate oggetti di valore in giro)

17 luglio 2022

Quando i catechisti in parrocchia sono neocatecumenali

Pubblichiamo una lunga e meditata testimonianza di  lettori cattolici che, pur non avendo frequentato il Cammino, ne hanno ascoltate molte idee e suggestioni, causa la pesante neocatecumenalizzazione della diocesi di appartenenza.

Questa testimonianza dà ulteriore conferma del fatto che quando il Cammino Neocatecumenale si insedia in una parrocchia o in una diocesi, le catechesi e le attività dell'organismo ospitante finiscono inevitabilmente per ricalcare il modus operandi neocatecumenale. L'obiettivo del Cammino, quando si adopera sul territorio per la parrocchia o per la diocesi, è quello di predisporre i cattolici ad essere successivamente attirati nella cerchia neocatecumenale.

Chi, senza entrare in una comunità, frequenta regolarmente incontri o ritiri organizzati dal Cammino viene fortemente esposto alla cosiddetta "neocatecumenalizzazione", esercitata con discorsi martellanti e ferree pratiche esclusive, dalle pessime conseguenze sulla salute spirituale, psichico-intellettiva, emotiva, organizzativa, materiale e fisica, nel senso stretto della sicurezza personale.



TESTIMONIANZA: 
Uno sguardo critico sul passato.

Pur non appartenendo al Cammino Neocatecumenale, era molto difficile evitarne l'influenza. Il Cammino era presente in numerose parrocchie della diocesi in ruoli decisionali o preminenti: nei consigli pastorali, nell' animazione delle Messe, con canti, ammonizioni ed occasionali redditio. Anche le omelie erano modellate sui testi segreti del Cammino, che ancora non conoscevamo, con tutte le esagerazioni e le eresie del caso. I neocatecumenali gestivano il catechismo per bambini, di pre- e post-cresima, cicli di catechesi sui dieci comandamenti ed ovviamente le immancabili catechesi iniziali del Cammino Neocatecumenale con cui all'epoca rimpolpavano ancora le file degli adepti. Magari non li vedevi al volontariato ma avevano in mano la narrativa catechetica.

Nelle parrocchie rimaste fedeli alla dottrina cattolica il discorso catechetico si contrapponeva a quello neocatecumenale. Tuttavia, la libertà lasciata ai fedeli di scegliere tra due realtà opposte ed inconciliabili, come se fossero entrambe valide, dava luogo ad una penosa confusione, aggravata dal fanatismo con cui questi neo-schitarratori convinti di sé, veri parvenus del "rapporto finalmente personale col Signore", criticavano  la fede "dei nonni", fatta di messe giornaliere, rosari, sacrifici, digiuni e devozioni, tutti aspetti in realtà ammirevoli.

Leggendo questo blog abbiamo finalmente trovato ragione delle numerose dissonanze a cui va incontro un battezzato cattolico in una diocesi fortemente neocatecumenalizzata. All'epoca dei fatti ignoravamo che dietro al fanatismo chiassoso ed apparentemente spontaneo di molte parrocchie governasse la ferrea volontà di un'organizzazione ben finanziata e dalla rigida struttura occulta, il messaggio della quale, lungi dall'essere improvvisazione dello "Spirito Santo" come vantato, era scritto in copioni tenuti segreti. Il Cammino avanzava in diocesi, seguendo il suo progetto di colonizzazione.

recenti post sugli scrutini, sui garanti, sulle vicende di abusi, sia fisici che di potere, ci hanno dato occasione di confrontarci per raccogliere i ricordi sul messaggio catechetico neocatecumenale in materia di relazioni interpersonali. Desiderando lasciare una testimonianza ma limitati da ragioni di brevità, ci siamo focalizzati sulle catechesi sul sesto comandamento, per via delle stringenti somiglianze con quei metodi neocatecumenali che avete ampiamente documentato nel blog.

Le catechesi diocesane e parrocchiali a cui torna la nostra memoria, gestite da presbiteri del Cammino e loro collaboratori, erano aperte a tutti e vi partecipavano perlopiù giovani e giovani adulti di età compresa tra i 17 ed i 35 anni. Ciascuna delle sezioni che seguono si riferisce a momenti diversi delle catechesi sul sesto comandamento o del corrispondente ritiro finale della durata di qualche giorno.


1. I "gruppetti" di discussione sui peccati contro il sesto comandamento:

Gli organizzatori dividevano il gruppo dei partecipanti al ritiro sul sesto comandamento in piccoli sottogruppi, separati per sesso, nei quali era richiesto di aprirsi gli uni agli altri seguendo le domande di un questionario. Improvvisamente ci si trovava in questi mini-gruppi formati in modo casuale, composti da persone sconosciute e di età e stili di vita anche molto diversi tra loro. A tutti era chiesto di aprirsi: si mescolavano abitudinari della promiscuità, persone afflitte da tristi vicende di aborto, personaggi rancorosi ed aggressivi che usavano il sesso come un'arma, altri dipendenti da pornografia ed altri vizi, sposi dal matrimonio in disordine o in crisi, ma anche persone che non avevano molto da dire, continenti, vergini, e qualche minorenne. Alla fine della discussione, il referente di ciascun mini-gruppo riportava, di fronte a tutti quanti i partecipanti, un resoconto anonimo di quanto richiesto dal questionario. I resoconti venivano brevemente commentati dai presbiteri, secondo categorie di giudizio che abbiamo in seguito individuato come tipiche del Cammino.

Questo "lavoro di gruppo", oltre che non preannunciato, non era veramente facoltativo, senza considerare il fatto che poteva risultare estremamente sgradevole. Tuttavia era una tappa obbligata in questo percorso chiamato "di incontro col Signore". Si dava per scontato che tutti avessero qualcosa da raccontare e che tutti volessero parlare dei fatti propri ed ascoltare quelli degli altri. 

Indipendentemente dalla carità e dalla discrezione dei partecipanti, forzare questo tipo di condivisione era, già di per sé, una sorta di violazione morale dei confini personali, una specie di morbido preludio agli scrutini neocatecumenali, che possono essere molto scioccanti. Anche se il linguaggio e l'atteggiamento dei partecipanti, perlopiù di formazione o cultura cattolica (non ancora neocatecumenali) erano rispettosi, gli organizzatori avevano predisposto le attività in modo da lasciare briglia sciolta alla condivisione spudorata. Anche le catechesi erano ricche di esempi concreti ed espliciti. L'impudicizia primigenia proveniva dal Cammino e consisteva nell'imporre le sue abitudini ai cattolici che esso definisce "della domenica".

Purtroppo, si riscontrava anche una certa complementarietà con il punto seguente:


2. L'eccessiva facilità con cui la maggior parte dei giovani esponeva i dettagli più delicati della vita intima:

La maggior parte dei partecipanti ai gruppetti di discussione si apriva senza ribellarsi, incoraggiata sicuramente dalla scriteriata ideologia, già da tempo imperante, del condividere i fatti propri, in pieno contrasto con le indicazioni di San Paolo: ”Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi." (Ef 5,3). Questo tipo di condivisione costituisce già una molestia sessuale di tipo morale, sia sui maschi che sulle femmine.

In molti casi si trattava di incosciente fiducia nel prossimo. In taluni soggetti si riscontravano superficialità, esibizionismo, voyeurismo, desiderio di sporcare almeno a parole, insomma quei mali che andrebbero gestiti in ambiente controllato, come in una pudica e ben fatta confessione oppure in un ambulatorio psichiatrico o addirittura in un'aula di tribunale. Invece, tutti erano tenuti ad "accogliere l'altro nell'ascolto e nella condivisione". 

Eccettuato un brevissimo richiamo formale dei presbiteri alla delicatezza e alla segretezza con l'esterno, la moderazione dei contenuti era lasciata ai partecipanti. Alcune coincidenze ci hanno fatto capire che gli organizzatori raccogliessero, da queste esternazioni semipubbliche, materiale da portare come esempi di supporto in catechesi per altri gruppi. 

A volte i presbiteri, senza indicare il peccatore, riportavano materia udita in confessione, specificandolo esplicitamente. Quando in seguito abbiamo scoperto i mamotreti, non ci ha stupito leggere che Kiko avvalora le sue indicazioni con il fior fiore delle confessioni pubbliche ottenute nei suoi scrutini (in alcuni casi addirittura riportati nella loro completezza).



3. Inopportuna esposizione dell'intimità coniugale:

Durante le risonanze e i giri di esperienze, succedeva che persone sposate esponessero, tranquillamente e pubblicamente, dei fatti da rendere noti solo al confessore. La cosa avveniva persino a coniuge presente e di fronte ad una foltissima assemblea di sconosciuti. Nessuno si permetteva di commentare e riteniamo anche possibile che la maggior parte dei presenti, caritatevolmente, non abbia fatto pettegolezzi in quel periodo. Ma sulla correttezza di quelli che successivamente sono entrati nel Cammino Neocatecumenale, in cui si parla senza veli dei fatti di tutte le persone che si conoscono, non possiamo scommettere.

Solo in seguito abbiamo riconosciuto come neocatecumenali il linguaggio e l'atteggiamento di queste persone. All'epoca non sapevamo che nelle comunità neocatecumenali si travalicano i limiti dell'individuo e della coppia, arrivando persino ad obbligare lo scrigno santo e sacramentale dell'unione tra l'uomo e la donna ad aprirsi alla conversazione con i fratelli di comunità ed a sottostare alla supervisione dei cosiddetti "catechisti ispirati".

Abbiamo considerato come la trivializzazione pubblica, tipicamente neocatecumenale, dei discorsi sul legame tra uomo e donna, a lungo andare crei una massa indistinta di confidenze illecite, che forza tutti ad essere trasversalmente pseudo-sposati con tutti e ad oltrepassare i confini di ciò che è lecito pensare, dire e fare a proposito della vita degli altri. Quando le persone non sono abituate alla continenza, né verbale, né psicologica, né fisica, si rischia di sconfinare nella violenza, sia morale che fisica. Si tratta di casi dalle tinte estreme ma purtroppo tutt'altro che rari.


4. Introduzione del dogma dell'inevitabilità del vizio ed allontanamento dagli apostati:

In generale, con il procedere delle catechesi, venivano sparse le spore dello stigma di bigotto, di ipocrita, di bugiardo, di stolto che perde il "passaggio del Signore" e rinuncia al cielo per aggrapparsi alla propria buona fama, contro chi difendeva la virtù e contro chi si rifiutava di sottoporre "volontariamente" la propria intimità alla revisione altrui (boicottando per esempio i questionari e le risonanze). Il Cammino, tramite i suoi emissari in ambiente diocesano, stava lentamente iniziando a screditare chi rifiutava il dogma dell'inevitabilità del vizio e la condivisione impropria e forzata.

In quel contesto, in cui si andava principalmente per ascoltare, le relazioni tra i partecipanti non erano particolarmente forti e neppure conflittuali. Tuttavia il cammino dei colpi bassi iniziava ad aprirsi: in diversi erano già in trance da annuncio: in mesi di ascolto passivo e di fallacie logiche avevano assorbito il linguaggio neocatecumenale e la relativa forma mentale. Al termine dei cicli di catechesi, dietro invito o sotto pressione dei presbiteri, molti partecipanti entravano nelle comunità neocatecumenali e portavano a compimento le abitudini acquisite alle catechesi parrocchiali e diocesane.

Dottrina neocatecumenale del peccato:
Quando vi trovate davanti una pozza di fango cosa fate, non vi ci buttate?!
Non cercate di negarlo, ipocriti! Borghesi!

5. Ignoranza del dovere di riparazione:

Durante gli incontri di catechesi, alcuni collaboratori (forse fratelli di comunità) davano la loro testimonianza di conversione. In materia di sesto comandamento raccontavano le esperienze sbagliate della loro vita precedente l'incontro con il Signore, una specie di redditio

Una cosa però mancava alle loro storie finite bene: benché in certi casi avessero arrecato gravi danni al matrimonio proprio o a quello altrui, parlavano di misericordia divina sempre intesa come "annullamento del debito" e mai ricordavano la necessità di far penitenza e riparare. Benché la loro stessa testimonianza di conversione potesse essere considerata una forma di riparazione, lo stile omissivo con cui catechizzavano lasciava passare (non sappiamo quanto consapevolmente) il messaggio neocatecumenale che a riparare i peccati anche molto gravi ci pensa esclusivamente il Signore e che nessuna responsabilità e nessuna riparazione sono richiesti al peccatore. I presbiteri invece contestavano esplicitamente la riparazione, insegnando che il peccato è un atto talmente grave che l'uomo è folle se pensa di poter riparare. Unendo questa nozione a quella dell'impossibilità di evitare di peccare, ci si allontanava di molto dalla via dello sforzo personale e dell'ascesi e ci si avvicinava alla kenosi del Cammino.


6. Colpevolizzazione delle vittime e l'inversione di ruolo tra vittima e colpevole:

Durante i giri di esperienze o nelle direzioni personali, i maestri di spirito neocatecumenale invitavano donne e ragazze vittime di torti contra sextum (molestie, violenze, maltrattamenti, tradimenti...) a spostare piuttosto l'attenzione sui propri peccati, per convincerle di non essere meno peccatrici della persona da cui avevano subito il torto, che andava perdonata con una sanatoria generale e definitiva. Di fatto pretendevano che la vittima si ripiegasse su se stessa, rivolgendo su di sé l'eventuale aggressività e dimenticasse l'idea di volere giustizia, facendosi carico del male altrui.

Questa strana ideologia, mai sentita fino a quel momento, suonava da subito visceralmente invertita e sinistramente infetta e non capivamo come mai la Chiesa, che sempre ha un occhio per tutti, si mettesse a salvare "il primo che picchia", tramite questi emissari. Tuttavia, purtroppo, succedeva anche che se una vittima veniva catturata dalla predicazione di questi fanatici, proseguiva per la via dell'autodistruzione e a nulla valevano i richiami alla ragionevolezza degli amici. Distorcendo gli esempi di eroica pazienza dei santi, il Cammino Neocatecumenale preparava gli animi di chi sarebbe successivamente entrato in comunità, a non denunciare e addirittura a chiedere perdono al violentatore.


7. Ipocrita disparità di trattamento verso le donne:

Durante i resoconti dei questionari o le condivisioni spontanee, registravamo nei presbiteri un atteggiamento sbilanciato verso maschi e femmine. I presbiteri soprassedevano, annuendo con paterna comprensione, su misfatti maschili al limite del penale. Trattavano invece le femmine con paternalistica impazienza, rimproverandole con accanimento per aspetti caratteriali sgradevoli ma di nocività obiettivamente inferiore. Dall'immediatezza delle reazioni di questi soggetti deducevamo l'esistenza di due precisi (benché non espliciti) sistemi di giudizio, a cui veniva fatto riferimento a seconda del genere dell'interlocutore. Avevamo avvistato la punta dell'iceberg del maschilismo neocatecumenale, ma non lo sapevamo ancora.

Lo stesso vigore con cui pretendevano di ammaestrare le ragazze non veniva applicato per far crescere e contenere i ragazzi in un modello di virile e capace cristianità. Portando i loro discorsi a compimento, una società di donne isteriche oppresse e di maschi come bestie allo stato brado risultava essere il desolante panorama della normalità umana: è precisamente ciò che Kiko predica e che è trascritto nei mamotreti, ma questo non potevamo saperlo. Pareva che il ruolo della donna fosse quello di subire e di perdonare l'uomo, e quello dell'uomo di peccare e di essere perdonato dalla donna e da Dio. Erano le premesse per arrivare a considerare la violenza come un dato quasi naturale, inevitabile. 


8. Narrativa catechetica condiscendente verso l'abusatore di donne e bambini:

Raccontando aneddoti di abusi sessuali commessi su donne e bambini, i presbiteri si dilungavano sul recupero del colpevole da parte di Dio misericordioso "che ama l'uomo così com'è" e spendendo poche parole sul dovere morale di prevenzione e giustizia. Come risultato, le vittime venivano relegate nel dimenticatoio narrativo: un effetto piuttosto sinistro. Ma infine tornano i conti perché nelle dottrine del Cammino è scritto che la condizione di vittima è voluta da Dio per la conversione di chi vi incorre e va accettata senza giudicare e senza denunciare.

Nelle storie esemplari delle catechesi, la vittima brava, convertita, che perdona il colpevole, era più spesso la moglie che il marito. In tempi di processi penali a preti abusatori di giovani maschi, i pedofili nominati da questi presbiteri erano regolarmente i padri di figlie femmine. E puntualmente era tralasciato il discorso sul processo di espiazione e purificazione che spetta al peccatore che si pente e si converte.

Le contraddizioni neocatecumenali: trascinare una ragazza per
i capelli va bene, 
basta che a mezzanotte ce la riporti a casa!


9. Matrimonio impossibile all'uomo ma possibile a...  ...al Cammino:

Mentre predicavano che soltanto il Signore può far funzionare i matrimoni perché ciò è impossibile all'uomo, mostravano di ritenere che nessuna coppia possegga, per semplice grazia di Dio ma senza bisogno di alcun sostegno nella vita di fede (sottinteso: un ambito come la comunità neocatecumenale), la buona volontà e le risorse per mantenere l'amore in equilibrio, tra le mille difficoltà. Snobbavano gli esempi contrari, insinuando il sospetto che qualche problema ancora nascosto dovesse affiorare prima o poi in quelle relazioni.

Invece di focalizzarsi in modo incoraggiante sulla solida e nobile dottrina cattolica in materia di relazioni e matrimonio, si accanivano atrocemente sulla descrizione di tutti i problemi di coppia possibili ed immaginabili, per poi invitare i catechizzati, come unica soluzione praticabile, a seguire il "Signore". E questo inseguimento portava alle salette neocatecumenali. Si trattava della modalità del "vieni e vedi" che ritroviamo nei mamotreti, un invito privo di ulteriori spiegazioni a causa del rinnegamento neocatecumenale del ricco patrimonio della Chiesa.

In effetti i presbiteri sembravano anche ritenere che gli uomini non siano per natura inclini ad amare le donne e, viceversa, le donne gli uomini. Insegnavano quindi che quando "Dio ti manda una persona" non è bene fare capricci sulla persona che Dio ti ha mandato. Prospettavano quindi due possibilità: sposarsi entro un anno (il famoso "fissa la data!" neocatecumenale) oppure lasciarsi. Se, da cattolici quali eravamo, ritenevamo già che le relazioni di coppia vissute con superficialità e ignavia sono peccato e rovinano la vita, l'imprudenza e la faciloneria con cui questi presbiteri pareva considerassero la scelta di una persona a scopo matrimonio mettevano addosso una profonda inquietudine. 

A fianco di alcune belle testimonianze di sposi, ve n'erano altre che invece incarnavano l' idea neocatecumenale di matrimonio come unione forzata e dolorosa che solo Dio (leggi: la frequentazione della comunità) può tenere insieme e che solo in seguito abbiamo scoperto essere un tema dominante nel Cammino. Per inquietarci ulteriormente pubblicizzavano il numero esorbitante di divorzi, presentandolo come probabilità aprioristica di fallimento, uguale per tutti, indipendentemente dalle condizioni specifiche. Non lo sapevamo ma ci stavano già lanciando addosso le esche endogamiche tipiche del discorso neocatecumenale in cui il coniuge deve essere del Camminoil coniuge è la tua croce e se lasciate il Cammino vi lascerete anche tra voi.



APPENDICE DOLENTE SUI PRESBITERI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE


Il discorso dei presbiteri di Kiko è fedele ai mamotreti eretici di Kiko e Carmen.
La stessa fedeltà si riscontra nelle prassi, nei giudizi, negli atteggiamenti.


10. Cattivi giudici: I gradi della colpa? Non pervenuti.

Senza mai menzionare la questione dei gradi della colpa, i presbiteri sfumavano la gravità di colpe mortali, gravi e veniali. A volte ne invertivano il peso relativo, secondo la categoria del peccatore. Per farlo si servivano dell'accostamento di esempi, del tono della voce, di altri trucchetti retorici. In questo modo, senza doversi arrischiare a dichiararlo esplicitamente, la violenza sessuale perpetrata da un uomo appariva di gravità pari alla scenata di gelosia isterica di una moglie. Un gesto duro di autodifesa risultava peggiore dell'atto più grave che lo aveva scatenato, così come per altri insegnamenti del genere, che ora sappiamo essere fedeli ai mamotreti e formalmente contrari alla dottrina della Chiesa.


11. Cattivi maestri: I progressi dello spirito? Dei gran salti immaginari.

Premettiamo che l'eroica pazienza insegnata dai Santi è la qualità del cristiano, soprattutto del consacrato, che si raggiunge dopo anni di pratica di vita ascetica, in virtù della Grazia Divina.

I presbiteri che esigevano, talvolta con sdegno superbo, questo tipo di pazienza dalle donne vittime di molestie o violenze, erano gli stessi consacrati perfettamente in grado di ribellarsi violentemente alla semplice contraddizione da parte di un ascoltatore. Figuriamoceli a sopportare pazientemente le persone moleste o insulti spregevoli contro la loro persona fisica. In definitiva questi presbiteri parevano afflitti da problemi irrisolti con l'altro sesso e forse anche col proprio e mai del tutto guariti dai dichiarati disordini della vita precedente all'ordinazione, persino incapaci di fronteggiare chi li contraddiceva. Quindi non potevano essere presi sul serio nell'indicazione della via dell'eroismo ad anime cosiddette "incipienti". La loro incoerenza faceva perdere di credibilità alla Chiesa che essi rappresentavano.

La valutazione che davano dei progressi spirituali era molto semplice: coloro che essi ritenevano ben ricalcare le loro orme (e cioè i diktat, le scelte, il linguaggio e le categorie di giudizio neocatecumenali), erano portati ad esempio di persona di grandissima fede. Chi nella vita di fede percorreva le vie dell'intelletto (che, se ordinato a Dio, è una forma di amore) veniva da essi considerato con sufficienza o riprovazione. Il dogma kikiano a cui si appigliavano per discriminare era quello della sperimentazione nel qui ed ora nelle sue varianti: il Signore passa qui, oggiDio ti parla oggi tramite meil Signore ti ha chiamato qui, la Parola letta a casa domani non ha lo stesso effetto di quella che ascolti qui oggi.


12. Cattivi medici: La malasanità dello spirito.

Avendo essi catalogato le persone secondo le direttive eretiche del Cammino, non è una sorpresa che in qualità di medici spirituali le loro "diagnosi" fossero supponenti, ricalcate e sbrigative. Ad ascoltare i loro consigli si finiva o in Cammino o fuori strada - quindi, all'atto pratico, sempre fuori strada. 

Le conseguenze del loro operato erano quelle comuni a tutta la cattiva medicina, cioè, che il paziente finisce da un altro medico a curarsi sia per il male originario che per i danni provocati dalla cura del cattivo dottore.

Metteresti la tua salute, fisica, mentale, spirituale,
nelle mani di un medico di torbida fama? E quella dei tuoi figli?


Termina qui questa selezione (non esaustiva) dei più eclatanti tratti neocatecumenali che abbiamo rilevato negli incontri organizzati dal Cammino in parrocchia o in diocesi. Confermiamo anche la neocatecumenalità del metodo: iniziatico, gnostico, superstizioso, apodittico, emotivo, contestatario. Tutti questi aspetti non raggiungevano l'intensità a cui si arriva nelle comunità ma, in maggiore diluizione, la sostanza era la stessa. Un ulteriore punto dolente erano le Messe, celebrate alla neocatecumenale con canti, balli, bonghi e battimani, la focaccia, la coppa del vino, la consumazione insieme da seduti, le risonanze. Come già detto, chi veniva catechizzato in parrocchia dai neocatecumenali poi entrava più facilmente in comunità.

Le storture venivano somministrate in mescolanza a parti ortodosse della dottrina e a pratiche accettabili. Tuttavia, nella confusione dottrinale imperante e per la fiducia (e pigrizia) generali, gli aspetti eretici non erano facilmente identificabili. Se ne salvava in parte chi di sua iniziativa si volgeva alle buone letture. Ciononostante, in quel momento in cui anche il Cammino non aveva iniziato a declinare, il successo che queste catechesi, incontri e ritiri riscuotevano era dovuto alla spiegazione ed alla attualizzazione che in essi veniva offerta della Parola di Dio. 

La domanda interiore, soprattutto da parte dei giovani, era molto forte e sarebbe stato bello avere accesso ad una sapienza nutriente per l'anima, ma in modo ortodosso e strutturato, non neocatecumenale. Si perse quindi, in questo modo, un'occasione di evangelizzazione cattolica, che all'epoca servì soprattutto per portare persone e potere alla realtà del Cammino Neocatecumenale.