Il motto della ditta è "🎳Un Tanto al Chilo 🎳". (E non lasciate oggetti di valore in giro)

24 agosto 2022

Hit-Parade di kikokanti - Quella volta che Kiko si è messo nella verità,

e ci si è messo talmente tanto che ne avanzarono dodici ceste!



Ci si è messo da solo, nella verità, non è che ce l'ha spinto qualche fratello!

01 agosto 2022

La tappa di Loreto e la devozione alla Santa Madre di Dio (estratti dal mamotreto del 1982)


Il rapporto con la Santa Madre di Dio è carattere distintivo inconfondibile di tutti i santi.

Vogliamo addentrarci con Kiko nella Tappa detta di Loreto, quando nel Cammino Neocatecumenale finalmente ‘si consegna’ la Vergine Maria ai fratelli di comunità, arrivati oramai agli ultimissimi passaggi del loro itinerario. La Tappa è collocata tra il primo e il terzo Padre Nostro. Dopo c’è solo l’Elezione e il rinnovamento solenne delle promesse battesimali. E il Cammino è finito.
Si impiegano in media 20 anni o più. E per andare a Loreto non meno di 15 anni.


Di seguito, proponiamo estratti dal mamotreto pubblicato il 1995, contenente il meglio delle catechesi di Kiko - tra il 1981 e il 1994 - alle comunità dipendenti direttamente dall’equipe degli Iniziatori; mamotreto ad uso esclusivo dei catechisti del cammino, da riportare fedelmente alle loro comunità. Sono gli estratti che maggiormente ci hanno impressionato da un lato, dall’altro che delineano con precisione il rapporto autentico di Kiko Arguello con la Vergine Santa.

Egli ha sempre dichiarato apertamente che il C.N. è stato ispirato direttamente da Lei, dalla Madonna, in una memorabile visione: sensitiva, intellettuale, o forse semplicemente una locuzione interiore?
(Le versioni sono state molteplici e si sono succedute negli anni secondo la convenienza del momento. Ad oggi, nonostante gli innumerevoli racconti kikiani, non è ancora dato conoscerne la natura con precisione.) 
 
Madonna di Loreto - Altare nella Santa Casa

Kiko ha apertamente disprezzato ogni forma di culto mariano tradizionale e trovato insopportabili i Santuari a Lei dedicati. Questo è un dato incontestabile. Kiko definisce “orribile e grandissimo” il Santuario di Pompei così come inutile e banale, se non fuorviante proprio per la richiesta ‘seriale’ di grazie e miracoli, Lourdes. Fatima non l’ha mai attaccata frontalmente. Lo si comprende, per la rilevanza che ha avuto per G.P.II. Infine, la Madonna di Loreto per Kiko, un “pezzo di legno scuro”.

Meraviglioso primo piano del Volto della Statua della Madonna di Loreto

Intanto i “Messaggi” della Madonna, dovunque nel mondo, sono sempre perfettamente sovrapponibili: la Mamma Celeste si rivela preferibilmente a bambini, chiede la costruzione di un Tempio a Lei dedicato, invita alla preghiera del Rosario e alla mortificazione, per la conversione dei peccatori e per la Pace nel mondo. La Madonna lascia a bambini piccolissimi dettagliate profezie da trasferire fedelmente ai Pastori della Chiesa. Ha fiducia in loro. Non certo parla di “piccole comunità” in cui, prima di applicarsi alla preghiera mariana per eccellenza, necessita fare un catecumenato che porti alla “fede adulta”. Non rimanda i veggenti a Kiko e Carmen dicendo loro: “Ci rivediamo fra una quindicina d’anni”.

E’ d’obbligo chiedersi il perché la Madonna faccia cadere da sempre la sua scelta su bambini anche ignoranti, poveri sempre, umili. Ma che cosa ha a che fare la Madonna con quella rappresentata da Kiko? Nulla di nulla.

qui riassunti i canoni della bellezza per Kiko
 
E Kiko, diciamola tutta, solo a guardare le statue di Maria ne prova disgusto, per tutte indistintamente. Entrare nei Santuari a Lei dedicati ed eretti in Suo onore è per lui insopportabile, cosa che confessa apertamente. La visita ai Santuari ha sempre provocato in Kiko un’irrefrenabile sentimento di disprezzo, offendendo tutti indistintamente il suo “senso estetico” sublime (è da aggiungere che lo stesso giudizio esprime nei confronti della stessa Basilica di San Pietro!).

Dall' "Incontro di Kiko e Carmen con una comunità dopo il Pellegrinaggio di Loreto" - Roma, 16 dicembre 1981 (pag.30).

"Vedrete come la Vergine Maria è stata dietro a tutto. Io mi ricordo che Paolo VI ci ha ricevuto ed ha parlato la prima volta del Cammino il giorno 8 maggio, giorno della Madonna di Pompei. Un piccolo segno. Dio ha messo qui come segretario della Congregazione del Clero, che ci aiuta e ci difende, l’incaricato del Santuario di Pompei. Dietro a una serie di cose c’è Maria. Arriviamo a Roma e Torregiani, come prima cosa, ci invita ad affidare tutto il Cammino alla Madonna di Pompei, tutta la nostra missione: “Voi potete fondare comunità chiedendolo alla Madonna”. Allora per prima cosa ci porta a Napoli e andiamo al Santuario di Pompei, che ci è parso orribile e grandissimo… E ne abbiamo fatta di strada!"


Procediamo di seguito con gli estratti:

PELLEGRINAGGIO A ROMA E A LORETO. Domenica 13 dicembre 1987 - Pag. 45/46 -

Le due Madonne:

“...noi non crediamo negli idoli. La Madonna che c’è nella Casetta è un pezzo di legno scuro che hanno rifatto di recente perché l’immagine antica si è bruciata. Noi crediamo nella Madonna, Madre di Gesù, non diciamo: “Ah, io sono devoto della Madonna di Loreto, io sono devoto della Madonna del Perpetuo Soccorso….”. "Sì, puoi essere devoto di quello che vuoi ma sono sempre rappresentazioni dell’unica Madre di Gesù”.
Che non succeda come in un paese in Spagna, dove ci sono due Madonne e si passa nel codice genetico, di padre in figlio, l’amore alla propria Madonna e l’odio all’altra Madonna. E quando arriva la festa, succede un macello: si menano, si distruggono a vicenda, c’è una spaccatura totale del paese. Da secoli stanno in questa situazione: il paese è diviso in due Madonne, e non c’è verso di arrivare a un’intesa. “Guai a chi tocca la mia Madonna!”, ti uccidono, ti tagliano la mano! “La Madonna dell’altro non vale niente, questa sì che è autentica!”
Il miracolo è stato che il parroco ha chiesto le catechesi e nella comunità ci sono fratelli di entrambe le Madonne. Il prodigio è che lì non ci sono più due Madonne ma una: la Madre di Gesù.”

Il caso del "paese delle due Madonne" è il primo esempio che viene in mente a Kiko nello svolgimento della sua catechesi mariana.
Sorprende che, con tanti Santuari Mariani sparsi per il mondo, Kiko non trovi nulla di meglio da raccontare che questo caso estremo, per rendere gloria alla Madre di Gesù? (certo che tipi stì spagnoli!) O piuttosto per rendere gloria a se stesso? Difatti una situazione incancrenita, vecchia di anni se non di secoli – da codice genetico – viene risolta di pronto dall’avvento delle comunità neocatecumenali nella parrocchia… Poteva mancare?

La Madonna? “un pezzo di legno scuro”:

Torna a parlare di Loreto ma, come leggerete nel prossimo estratto, anche il “pezzo di legno scuro” cede il passo (come le due Madonne) al primato del Cammino (pag.46):
“Allora qui a Loreto si conserva la Casa di Nazareth, il catecumenium di Gesù, il posto dove Gesù Cristo è diventato adulto"
(ndr. apprendiamo con stupore che anche Gesù ha avuto bisogno del catecumenato)
 
Madonna del Santo Rosario di Pompei, ora pro nobis!
Statuetta artistica del Bambin Gesù nella mangiatoia


“Con tutto questo voglio dire che Dio aveva già tutto programmato, aveva un disegno che noi stiamo scoprendo poco a poco. Il disegno della Casa di Nazareth, il fare comunità nelle baracche come la Sacra Famiglia di Nazareth, Patrizio e Marisa a cui Dio stava muovendo il cuore nella loro libertà: Dio pensava già di fare qui qualcosa… le costruzioni che abbiamo fatte secondo i nostri mezzi; però sono estetiche perché l’arte è sempre un’espressione dell’amore.
Quando la Chiesa è in un momento di decadenza si vedono cose orribili: se volete vedere la decadenza della liturgia andate nei negozi dove vendono arredi liturgici e vedrete Bambini Gesù paciocconi, pupazzi orribili. E’ una cosa tremenda, viene da pensare: se questa è la Chiesa mi faccio musulmano! Se gli artisti cattolici arrivano a questo, a fare queste immagini sdolcinate di Gesù…! Non ci sono più libri liturgici, non c’è più bellezza nelle cose. Noi stamo cercando di fare qualcosa in questo senso…”
(ndr. e continua così a sproloquiare, dal “pezzo di legno scuro" alle "immagini sdolcinate"; tutto un orrore)

Della demolizione del “devozionismo”:

Procede ora con la demolizione sistematica di ogni altro approccio alla Madonna che non sia quello neocatecumenale (pag.49)

“Ma attenzione: per ricevere la Madonna come tua madre in casa tua devi essere discepolo, e avere imparato a stare sotto la croce….
Noi non cominciamo dalla Madonna, facendo un devozionismo – “Fiori a Maria, che buona Mamma mia!” -, si può anche fare: “A Gesù per Maria”.
Si può anche cominciare così, ma sono altre cose per gente molto pia, molto cristiana.
Noi abbiamo cominciato con il Kerigma….
...Per presentarvi la Vergine Maria non c’è bisogno di trovare un’icona particolare né un’apparizione – che sono anche cose necessarie, che la Madonna utilizza per aiutare la religiosità della gente – voi avete un fatto molto più importante: avete l’esperienza della vostra storia, di quello che la Chiesa ha fatto con voi fino ad oggi.
La Vergine Maria è quella che si è presa cura di voi, da quando avete ascoltato il Kerigma fino ad oggi."

(ndr. chi se non Kiko e i kikatekisti si son 'presi cura'? Si attua qui la piena identficazione di Kiko con la Madonna, come ha fatto con il Signore Gesù e prima ancora con Mosè, con Elia, con San Giovanni Battista, con San Paolo, ecc.)

"Anche il C.N. è stato una grazia della Vergine Maria: sapete che abbiamo avuto un incontro – diciamo così, non voglio spiegare troppo questo – in cui la Vergine Maria ci ha detto di fare piccole comunità come la Sacra Famiglia di Nazareth.
Ossia il C.N. è una rivelazione della Vergine Maria a noi per portarlo alla Chiesa…”

Lentissima "progressione" neocatecumenale:

Ora Kiko tenta di spiegare perché ha atteso tanto per rivelare ai neocatecumenali la Madre (pag.50)

“...forse qui c’è qualcuno che era molto lontano dalla Chiesa e gli dava ai nervi tutto quel devozionismo alla Vergine Maria, anche perché dietro il devozionismo c’è gente molto nevrotica, mammista, fanatica, c’è di tutto!
C’erano preti mezzo pazzi che deviavano anche la devozione alla Madonna, c’era di tutto anche in reazione alla controversia protestante ... Si faceva poco meno che una specie di idolatria della Vergine…
La Vergine Maria attraverso noi, vostri catechisti, vi ha insegnato ad OBBEDIRE…
Per questo dicevo che tutto quello che avete ricevuto dal Cammino lo avete ricevuto da Maria, vostra Madre. Un bambino che sta nella pancia non conosce sua madre, eppure riceve da lei tutto… quando diventa più grande impara a dire “Mamma”…
Voi siete già grandicelli, cominciate a camminare da soli,… adesso vi si può insegnare: “Questa è tua Madre chiamala!…”


Ultimo estratto, tratto da:

“Incontro di Kiko e Carmen con una comunità dopo il Pellegrinaggio a Loreto" - Roma, 16 dicembre 1981 (ndr. questa è la prima volta che Kiko fa questa tappa) (pag.21-22)

Autolegittimazione, interpretazioni in libertà:

Kiko rispiega la genesi del Centro di Porto San Giorgio; tutto un disegno di Dio quello di chiamare proprio Patrizio e Marisa che risiedevano tanto vicino alla Santa Casa di Nazareth.

“...tutte cose che indicano come sia vero il Cammino.
Fatto sta che Dio ha pensato già le cose in modo che avvenisse vicino a Loreto. Il nostro Cammino ha a che vedere con la Famiglia di Nazareth”

E di nuovo racconta della sua 'ispirazione'.

Da Incontro di Kiko e Carmen con una comunità dopo il Pellegrinaggio di Loreto (Roma, 16 dicembre 1981)

Ancora sul 'devozionismo':

Senza il Kerigma, nulla di buono. (pag.28)

“Il problema è che sostenere il cristianesimo su devozioni è assurdo. Le devozioni non servono se non c’è una base catechetica vera. Andare ai Santuari, andare a Lourdes, pregare il rosario: queste cose non sostengono sufficientemente, se manca il Kerigma, la gestazione della fede, la gente va a Lordes, si emoziona, si commuove e dopo 15 giorni pecca andando con la segretaria a far l’amore e non gliene importa. Ma è chiaro, fuori dubbio! Manca la catechesi seria, la gestazione, tutto l’arco della gestazione della fede che stiamo facendo noi.
Ma questo non vuol dire assolutamente che andare a Lourdes sia una cosa assurda né che pregare il rosario sia fasullo. Mantenere solo quello del cristianesimo non basta ed equivale a dire che hanno ragione i pagani a dire che quella gente è bigotta, cioè che basa la sua spiritualità su cose accessorie e che non hanno un fondamento nella sua vita, poiché dopo, alla verifica è ipocrita, gente che non ti aiuta (ti aiuta più un pagano anche se il bigotto tocca tutti i giorni i santi in chiesa). Hanno ragione è la verità. La colpa non l’hanno le forme, ladorazione al Santissimo o il rosario. Non è quello, anche queste son cose che aiutano a soffiare il fuoco, ma se non c’è il fuoco che si soffia?”

(ndr. Kiko accusa i bigotti di ipocrisia e di cadere in peccati della carne dopo aver pregato la Vergine con tanto sentimentalismo. Il Kerigma solo salva! E si è ritrovato con un cammino covo di ipocriti che, alla sua sequela, hanno difeso sempre chi peccando gravemente contro il prossimo provoca scandalo).


In chiusura la conclusione finale di Kiko è degna di nota (pag.29)

“Voglio dire che noi abbiamo interpretato queste cose per voi così. Gesù Cristo quando affida sua madre alla chiesa, agli apostoli, gli dà sua madre? Quando lui deve sparire da questo mondo, quando Lui va a morire.
Così voi dovete capire che noi dobbiamo abbandonarvi, vi lasciamo alla Vergine Maria.
Perché? Fino adesso non avevate bisogno della Vergine Maria perché è sempre stata con voi eravate nel suo seno, vi ha dato tutto. Vi ha dato l’essere. "

(ndr. qui l’assimilazione totale di Kiko con la Madonna è allucinante e sfacciata: i "fratelli di comunità" non avevano bisogno di Lei. Attraverso l'"opera" dei catechisti, la Madonna stessa li portava in grembo! Questo lasciano intendere...)

"Adesso siete usciti come adulti, diciamo così, rinnoverete il vostro Battesimo, siete adulti e adesso vi presentiamo colei che vi ha partorito, che è stata la vostra genitrice, che vi ha portato, ha ispirato Kiko, Carmen, è stata sempre vicina a voi. Questo non perché ricorriate a lei quando avete un bisogno, no, ma io non ho detto niente di tutto questo ma tutto il contrario.”

Assolutamente un delirio.

Questa è la dottrina kikiana delle origini, quando anche lui era ancora convinto che il cammino sarebbe finito, le comunità si sarebbero sciolte e lui e gli itineranti sarebbero andati via per sempre, esaurita la missione. Siamo negli anni 80 e avevano davanti la vita intera. Ma poi il tempo vola anche per Kiko e, quando una ad una le comunità cominciavano a sfuggirgli di mano - come fanno i figli una volta adulti che lasciano la casa d'origine - il panico lo ha colto, ha fatto inversione di marcia e non ha più parlato di "abbandonare" niente e nessuno.


La Tappa di Loreto, ennesima passerella neocatecumenale.

A Porto San Giorgio ti raccontano com'è nato il Centro Internazionale Mondiale.
A Loreto ti insegnano il Rosario cantato con melodia kikiana, come se questa sublime preghiera ne avesse bisogno. Mica possono pregarlo come tutti gli altri!
A Loreto poi proseguono con la storia del Santuario solo per enfatizzare la solita domanda: "Perchè gli Angeli hanno trasportato la Santa Casa. proprio lì? Così vicino a Porto San Giorgio? Dove un tal Patrizio riccone si è convertito e ha donato tutto per fare un Centro di convivenze: "Casa degli Itineranti"?

Dio aveva tutto un disegno, nel quale solo loro sono l'unico centro. E così i kikatekisti fanno i fenomeni, sapendo che racconteranno ai fratelli cose sorprendenti.

Altro che battaglia di Lepanto, conversione della Russia, bambini di Fatima e profezie di Pace!

Mentre, come sempre, si sostituiscono al sacro e al divino con i loro deliri fini a se stessi.

 
(Pax)
  

17 luglio 2022

Quando i catechisti in parrocchia sono neocatecumenali

Pubblichiamo una lunga e meditata testimonianza di  lettori cattolici che, pur non avendo frequentato il Cammino, ne hanno ascoltate molte idee e suggestioni, causa la pesante neocatecumenalizzazione della diocesi di appartenenza.

Questa testimonianza dà ulteriore conferma del fatto che quando il Cammino Neocatecumenale si insedia in una parrocchia o in una diocesi, le catechesi e le attività dell'organismo ospitante finiscono inevitabilmente per ricalcare il modus operandi neocatecumenale. L'obiettivo del Cammino, quando si adopera sul territorio per la parrocchia o per la diocesi, è quello di predisporre i cattolici ad essere successivamente attirati nella cerchia neocatecumenale.

Chi, senza entrare in una comunità, frequenta regolarmente incontri o ritiri organizzati dal Cammino viene fortemente esposto alla cosiddetta "neocatecumenalizzazione", esercitata con discorsi martellanti e ferree pratiche esclusive, dalle pessime conseguenze sulla salute spirituale, psichico-intellettiva, emotiva, organizzativa, materiale e fisica, nel senso stretto della sicurezza personale.



TESTIMONIANZA: 
Uno sguardo critico sul passato.

Pur non appartenendo al Cammino Neocatecumenale, era molto difficile evitarne l'influenza. Il Cammino era presente in numerose parrocchie della diocesi in ruoli decisionali o preminenti: nei consigli pastorali, nell' animazione delle Messe, con canti, ammonizioni ed occasionali redditio. Anche le omelie erano modellate sui testi segreti del Cammino, che ancora non conoscevamo, con tutte le esagerazioni e le eresie del caso. I neocatecumenali gestivano il catechismo per bambini, di pre- e post-cresima, cicli di catechesi sui dieci comandamenti ed ovviamente le immancabili catechesi iniziali del Cammino Neocatecumenale con cui all'epoca rimpolpavano ancora le file degli adepti. Magari non li vedevi al volontariato ma avevano in mano la narrativa catechetica.

Nelle parrocchie rimaste fedeli alla dottrina cattolica il discorso catechetico si contrapponeva a quello neocatecumenale. Tuttavia, la libertà lasciata ai fedeli di scegliere tra due realtà opposte ed inconciliabili, come se fossero entrambe valide, dava luogo ad una penosa confusione, aggravata dal fanatismo con cui questi neo-schitarratori convinti di sé, veri parvenus del "rapporto finalmente personale col Signore", criticavano  la fede "dei nonni", fatta di messe giornaliere, rosari, sacrifici, digiuni e devozioni, tutti aspetti in realtà ammirevoli.

Leggendo questo blog abbiamo finalmente trovato ragione delle numerose dissonanze a cui va incontro un battezzato cattolico in una diocesi fortemente neocatecumenalizzata. All'epoca dei fatti ignoravamo che dietro al fanatismo chiassoso ed apparentemente spontaneo di molte parrocchie governasse la ferrea volontà di un'organizzazione ben finanziata e dalla rigida struttura occulta, il messaggio della quale, lungi dall'essere improvvisazione dello "Spirito Santo" come vantato, era scritto in copioni tenuti segreti. Il Cammino avanzava in diocesi, seguendo il suo progetto di colonizzazione.

recenti post sugli scrutini, sui garanti, sulle vicende di abusi, sia fisici che di potere, ci hanno dato occasione di confrontarci per raccogliere i ricordi sul messaggio catechetico neocatecumenale in materia di relazioni interpersonali. Desiderando lasciare una testimonianza ma limitati da ragioni di brevità, ci siamo focalizzati sulle catechesi sul sesto comandamento, per via delle stringenti somiglianze con quei metodi neocatecumenali che avete ampiamente documentato nel blog.

Le catechesi diocesane e parrocchiali a cui torna la nostra memoria, gestite da presbiteri del Cammino e loro collaboratori, erano aperte a tutti e vi partecipavano perlopiù giovani e giovani adulti di età compresa tra i 17 ed i 35 anni. Ciascuna delle sezioni che seguono si riferisce a momenti diversi delle catechesi sul sesto comandamento o del corrispondente ritiro finale della durata di qualche giorno.


1. I "gruppetti" di discussione sui peccati contro il sesto comandamento:

Gli organizzatori dividevano il gruppo dei partecipanti al ritiro sul sesto comandamento in piccoli sottogruppi, separati per sesso, nei quali era richiesto di aprirsi gli uni agli altri seguendo le domande di un questionario. Improvvisamente ci si trovava in questi mini-gruppi formati in modo casuale, composti da persone sconosciute e di età e stili di vita anche molto diversi tra loro. A tutti era chiesto di aprirsi: si mescolavano abitudinari della promiscuità, persone afflitte da tristi vicende di aborto, personaggi rancorosi ed aggressivi che usavano il sesso come un'arma, altri dipendenti da pornografia ed altri vizi, sposi dal matrimonio in disordine o in crisi, ma anche persone che non avevano molto da dire, continenti, vergini, e qualche minorenne. Alla fine della discussione, il referente di ciascun mini-gruppo riportava, di fronte a tutti quanti i partecipanti, un resoconto anonimo di quanto richiesto dal questionario. I resoconti venivano brevemente commentati dai presbiteri, secondo categorie di giudizio che abbiamo in seguito individuato come tipiche del Cammino.

Questo "lavoro di gruppo", oltre che non preannunciato, non era veramente facoltativo, senza considerare il fatto che poteva risultare estremamente sgradevole. Tuttavia era una tappa obbligata in questo percorso chiamato "di incontro col Signore". Si dava per scontato che tutti avessero qualcosa da raccontare e che tutti volessero parlare dei fatti propri ed ascoltare quelli degli altri. 

Indipendentemente dalla carità e dalla discrezione dei partecipanti, forzare questo tipo di condivisione era, già di per sé, una sorta di violazione morale dei confini personali, una specie di morbido preludio agli scrutini neocatecumenali, che possono essere molto scioccanti. Anche se il linguaggio e l'atteggiamento dei partecipanti, perlopiù di formazione o cultura cattolica (non ancora neocatecumenali) erano rispettosi, gli organizzatori avevano predisposto le attività in modo da lasciare briglia sciolta alla condivisione spudorata. Anche le catechesi erano ricche di esempi concreti ed espliciti. L'impudicizia primigenia proveniva dal Cammino e consisteva nell'imporre le sue abitudini ai cattolici che esso definisce "della domenica".

Purtroppo, si riscontrava anche una certa complementarietà con il punto seguente:


2. L'eccessiva facilità con cui la maggior parte dei giovani esponeva i dettagli più delicati della vita intima:

La maggior parte dei partecipanti ai gruppetti di discussione si apriva senza ribellarsi, incoraggiata sicuramente dalla scriteriata ideologia, già da tempo imperante, del condividere i fatti propri, in pieno contrasto con le indicazioni di San Paolo: ”Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi." (Ef 5,3). Questo tipo di condivisione costituisce già una molestia sessuale di tipo morale, sia sui maschi che sulle femmine.

In molti casi si trattava di incosciente fiducia nel prossimo. In taluni soggetti si riscontravano superficialità, esibizionismo, voyeurismo, desiderio di sporcare almeno a parole, insomma quei mali che andrebbero gestiti in ambiente controllato, come in una pudica e ben fatta confessione oppure in un ambulatorio psichiatrico o addirittura in un'aula di tribunale. Invece, tutti erano tenuti ad "accogliere l'altro nell'ascolto e nella condivisione". 

Eccettuato un brevissimo richiamo formale dei presbiteri alla delicatezza e alla segretezza con l'esterno, la moderazione dei contenuti era lasciata ai partecipanti. Alcune coincidenze ci hanno fatto capire che gli organizzatori raccogliessero, da queste esternazioni semipubbliche, materiale da portare come esempi di supporto in catechesi per altri gruppi. 

A volte i presbiteri, senza indicare il peccatore, riportavano materia udita in confessione, specificandolo esplicitamente. Quando in seguito abbiamo scoperto i mamotreti, non ci ha stupito leggere che Kiko avvalora le sue indicazioni con il fior fiore delle confessioni pubbliche ottenute nei suoi scrutini (in alcuni casi addirittura riportati nella loro completezza).



3. Inopportuna esposizione dell'intimità coniugale:

Durante le risonanze e i giri di esperienze, succedeva che persone sposate esponessero, tranquillamente e pubblicamente, dei fatti da rendere noti solo al confessore. La cosa avveniva persino a coniuge presente e di fronte ad una foltissima assemblea di sconosciuti. Nessuno si permetteva di commentare e riteniamo anche possibile che la maggior parte dei presenti, caritatevolmente, non abbia fatto pettegolezzi in quel periodo. Ma sulla correttezza di quelli che successivamente sono entrati nel Cammino Neocatecumenale, in cui si parla senza veli dei fatti di tutte le persone che si conoscono, non possiamo scommettere.

Solo in seguito abbiamo riconosciuto come neocatecumenali il linguaggio e l'atteggiamento di queste persone. All'epoca non sapevamo che nelle comunità neocatecumenali si travalicano i limiti dell'individuo e della coppia, arrivando persino ad obbligare lo scrigno santo e sacramentale dell'unione tra l'uomo e la donna ad aprirsi alla conversazione con i fratelli di comunità ed a sottostare alla supervisione dei cosiddetti "catechisti ispirati".

Abbiamo considerato come la trivializzazione pubblica, tipicamente neocatecumenale, dei discorsi sul legame tra uomo e donna, a lungo andare crei una massa indistinta di confidenze illecite, che forza tutti ad essere trasversalmente pseudo-sposati con tutti e ad oltrepassare i confini di ciò che è lecito pensare, dire e fare a proposito della vita degli altri. Quando le persone non sono abituate alla continenza, né verbale, né psicologica, né fisica, si rischia di sconfinare nella violenza, sia morale che fisica. Si tratta di casi dalle tinte estreme ma purtroppo tutt'altro che rari.


4. Introduzione del dogma dell'inevitabilità del vizio ed allontanamento dagli apostati:

In generale, con il procedere delle catechesi, venivano sparse le spore dello stigma di bigotto, di ipocrita, di bugiardo, di stolto che perde il "passaggio del Signore" e rinuncia al cielo per aggrapparsi alla propria buona fama, contro chi difendeva la virtù e contro chi si rifiutava di sottoporre "volontariamente" la propria intimità alla revisione altrui (boicottando per esempio i questionari e le risonanze). Il Cammino, tramite i suoi emissari in ambiente diocesano, stava lentamente iniziando a screditare chi rifiutava il dogma dell'inevitabilità del vizio e la condivisione impropria e forzata.

In quel contesto, in cui si andava principalmente per ascoltare, le relazioni tra i partecipanti non erano particolarmente forti e neppure conflittuali. Tuttavia il cammino dei colpi bassi iniziava ad aprirsi: in diversi erano già in trance da annuncio: in mesi di ascolto passivo e di fallacie logiche avevano assorbito il linguaggio neocatecumenale e la relativa forma mentale. Al termine dei cicli di catechesi, dietro invito o sotto pressione dei presbiteri, molti partecipanti entravano nelle comunità neocatecumenali e portavano a compimento le abitudini acquisite alle catechesi parrocchiali e diocesane.

Dottrina neocatecumenale del peccato:
Quando vi trovate davanti una pozza di fango cosa fate, non vi ci buttate?!
Non cercate di negarlo, ipocriti! Borghesi!

5. Ignoranza del dovere di riparazione:

Durante gli incontri di catechesi, alcuni collaboratori (forse fratelli di comunità) davano la loro testimonianza di conversione. In materia di sesto comandamento raccontavano le esperienze sbagliate della loro vita precedente l'incontro con il Signore, una specie di redditio

Una cosa però mancava alle loro storie finite bene: benché in certi casi avessero arrecato gravi danni al matrimonio proprio o a quello altrui, parlavano di misericordia divina sempre intesa come "annullamento del debito" e mai ricordavano la necessità di far penitenza e riparare. Benché la loro stessa testimonianza di conversione potesse essere considerata una forma di riparazione, lo stile omissivo con cui catechizzavano lasciava passare (non sappiamo quanto consapevolmente) il messaggio neocatecumenale che a riparare i peccati anche molto gravi ci pensa esclusivamente il Signore e che nessuna responsabilità e nessuna riparazione sono richiesti al peccatore. I presbiteri invece contestavano esplicitamente la riparazione, insegnando che il peccato è un atto talmente grave che l'uomo è folle se pensa di poter riparare. Unendo questa nozione a quella dell'impossibilità di evitare di peccare, ci si allontanava di molto dalla via dello sforzo personale e dell'ascesi e ci si avvicinava alla kenosi del Cammino.


6. Colpevolizzazione delle vittime e l'inversione di ruolo tra vittima e colpevole:

Durante i giri di esperienze o nelle direzioni personali, i maestri di spirito neocatecumenale invitavano donne e ragazze vittime di torti contra sextum (molestie, violenze, maltrattamenti, tradimenti...) a spostare piuttosto l'attenzione sui propri peccati, per convincerle di non essere meno peccatrici della persona da cui avevano subito il torto, che andava perdonata con una sanatoria generale e definitiva. Di fatto pretendevano che la vittima si ripiegasse su se stessa, rivolgendo su di sé l'eventuale aggressività e dimenticasse l'idea di volere giustizia, facendosi carico del male altrui.

Questa strana ideologia, mai sentita fino a quel momento, suonava da subito visceralmente invertita e sinistramente infetta e non capivamo come mai la Chiesa, che sempre ha un occhio per tutti, si mettesse a salvare "il primo che picchia", tramite questi emissari. Tuttavia, purtroppo, succedeva anche che se una vittima veniva catturata dalla predicazione di questi fanatici, proseguiva per la via dell'autodistruzione e a nulla valevano i richiami alla ragionevolezza degli amici. Distorcendo gli esempi di eroica pazienza dei santi, il Cammino Neocatecumenale preparava gli animi di chi sarebbe successivamente entrato in comunità, a non denunciare e addirittura a chiedere perdono al violentatore.


7. Ipocrita disparità di trattamento verso le donne:

Durante i resoconti dei questionari o le condivisioni spontanee, registravamo nei presbiteri un atteggiamento sbilanciato verso maschi e femmine. I presbiteri soprassedevano, annuendo con paterna comprensione, su misfatti maschili al limite del penale. Trattavano invece le femmine con paternalistica impazienza, rimproverandole con accanimento per aspetti caratteriali sgradevoli ma di nocività obiettivamente inferiore. Dall'immediatezza delle reazioni di questi soggetti deducevamo l'esistenza di due precisi (benché non espliciti) sistemi di giudizio, a cui veniva fatto riferimento a seconda del genere dell'interlocutore. Avevamo avvistato la punta dell'iceberg del maschilismo neocatecumenale, ma non lo sapevamo ancora.

Lo stesso vigore con cui pretendevano di ammaestrare le ragazze non veniva applicato per far crescere e contenere i ragazzi in un modello di virile e capace cristianità. Portando i loro discorsi a compimento, una società di donne isteriche oppresse e di maschi come bestie allo stato brado risultava essere il desolante panorama della normalità umana: è precisamente ciò che Kiko predica e che è trascritto nei mamotreti, ma questo non potevamo saperlo. Pareva che il ruolo della donna fosse quello di subire e di perdonare l'uomo, e quello dell'uomo di peccare e di essere perdonato dalla donna e da Dio. Erano le premesse per arrivare a considerare la violenza come un dato quasi naturale, inevitabile. 


8. Narrativa catechetica condiscendente verso l'abusatore di donne e bambini:

Raccontando aneddoti di abusi sessuali commessi su donne e bambini, i presbiteri si dilungavano sul recupero del colpevole da parte di Dio misericordioso "che ama l'uomo così com'è" e spendendo poche parole sul dovere morale di prevenzione e giustizia. Come risultato, le vittime venivano relegate nel dimenticatoio narrativo: un effetto piuttosto sinistro. Ma infine tornano i conti perché nelle dottrine del Cammino è scritto che la condizione di vittima è voluta da Dio per la conversione di chi vi incorre e va accettata senza giudicare e senza denunciare.

Nelle storie esemplari delle catechesi, la vittima brava, convertita, che perdona il colpevole, era più spesso la moglie che il marito. In tempi di processi penali a preti abusatori di giovani maschi, i pedofili nominati da questi presbiteri erano regolarmente i padri di figlie femmine. E puntualmente era tralasciato il discorso sul processo di espiazione e purificazione che spetta al peccatore che si pente e si converte.

Le contraddizioni neocatecumenali: trascinare una ragazza per
i capelli va bene, 
basta che a mezzanotte ce la riporti a casa!


9. Matrimonio impossibile all'uomo ma possibile a...  ...al Cammino:

Mentre predicavano che soltanto il Signore può far funzionare i matrimoni perché ciò è impossibile all'uomo, mostravano di ritenere che nessuna coppia possegga, per semplice grazia di Dio ma senza bisogno di alcun sostegno nella vita di fede (sottinteso: un ambito come la comunità neocatecumenale), la buona volontà e le risorse per mantenere l'amore in equilibrio, tra le mille difficoltà. Snobbavano gli esempi contrari, insinuando il sospetto che qualche problema ancora nascosto dovesse affiorare prima o poi in quelle relazioni.

Invece di focalizzarsi in modo incoraggiante sulla solida e nobile dottrina cattolica in materia di relazioni e matrimonio, si accanivano atrocemente sulla descrizione di tutti i problemi di coppia possibili ed immaginabili, per poi invitare i catechizzati, come unica soluzione praticabile, a seguire il "Signore". E questo inseguimento portava alle salette neocatecumenali. Si trattava della modalità del "vieni e vedi" che ritroviamo nei mamotreti, un invito privo di ulteriori spiegazioni a causa del rinnegamento neocatecumenale del ricco patrimonio della Chiesa.

In effetti i presbiteri sembravano anche ritenere che gli uomini non siano per natura inclini ad amare le donne e, viceversa, le donne gli uomini. Insegnavano quindi che quando "Dio ti manda una persona" non è bene fare capricci sulla persona che Dio ti ha mandato. Prospettavano quindi due possibilità: sposarsi entro un anno (il famoso "fissa la data!" neocatecumenale) oppure lasciarsi. Se, da cattolici quali eravamo, ritenevamo già che le relazioni di coppia vissute con superficialità e ignavia sono peccato e rovinano la vita, l'imprudenza e la faciloneria con cui questi presbiteri pareva considerassero la scelta di una persona a scopo matrimonio mettevano addosso una profonda inquietudine. 

A fianco di alcune belle testimonianze di sposi, ve n'erano altre che invece incarnavano l' idea neocatecumenale di matrimonio come unione forzata e dolorosa che solo Dio (leggi: la frequentazione della comunità) può tenere insieme e che solo in seguito abbiamo scoperto essere un tema dominante nel Cammino. Per inquietarci ulteriormente pubblicizzavano il numero esorbitante di divorzi, presentandolo come probabilità aprioristica di fallimento, uguale per tutti, indipendentemente dalle condizioni specifiche. Non lo sapevamo ma ci stavano già lanciando addosso le esche endogamiche tipiche del discorso neocatecumenale in cui il coniuge deve essere del Camminoil coniuge è la tua croce e se lasciate il Cammino vi lascerete anche tra voi.



APPENDICE DOLENTE SUI PRESBITERI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE


Il discorso dei presbiteri di Kiko è fedele ai mamotreti eretici di Kiko e Carmen.
La stessa fedeltà si riscontra nelle prassi, nei giudizi, negli atteggiamenti.


10. Cattivi giudici: I gradi della colpa? Non pervenuti.

Senza mai menzionare la questione dei gradi della colpa, i presbiteri sfumavano la gravità di colpe mortali, gravi e veniali. A volte ne invertivano il peso relativo, secondo la categoria del peccatore. Per farlo si servivano dell'accostamento di esempi, del tono della voce, di altri trucchetti retorici. In questo modo, senza doversi arrischiare a dichiararlo esplicitamente, la violenza sessuale perpetrata da un uomo appariva di gravità pari alla scenata di gelosia isterica di una moglie. Un gesto duro di autodifesa risultava peggiore dell'atto più grave che lo aveva scatenato, così come per altri insegnamenti del genere, che ora sappiamo essere fedeli ai mamotreti e formalmente contrari alla dottrina della Chiesa.


11. Cattivi maestri: I progressi dello spirito? Dei gran salti immaginari.

Premettiamo che l'eroica pazienza insegnata dai Santi è la qualità del cristiano, soprattutto del consacrato, che si raggiunge dopo anni di pratica di vita ascetica, in virtù della Grazia Divina.

I presbiteri che esigevano, talvolta con sdegno superbo, questo tipo di pazienza dalle donne vittime di molestie o violenze, erano gli stessi consacrati perfettamente in grado di ribellarsi violentemente alla semplice contraddizione da parte di un ascoltatore. Figuriamoceli a sopportare pazientemente le persone moleste o insulti spregevoli contro la loro persona fisica. In definitiva questi presbiteri parevano afflitti da problemi irrisolti con l'altro sesso e forse anche col proprio e mai del tutto guariti dai dichiarati disordini della vita precedente all'ordinazione, persino incapaci di fronteggiare chi li contraddiceva. Quindi non potevano essere presi sul serio nell'indicazione della via dell'eroismo ad anime cosiddette "incipienti". La loro incoerenza faceva perdere di credibilità alla Chiesa che essi rappresentavano.

La valutazione che davano dei progressi spirituali era molto semplice: coloro che essi ritenevano ben ricalcare le loro orme (e cioè i diktat, le scelte, il linguaggio e le categorie di giudizio neocatecumenali), erano portati ad esempio di persona di grandissima fede. Chi nella vita di fede percorreva le vie dell'intelletto (che, se ordinato a Dio, è una forma di amore) veniva da essi considerato con sufficienza o riprovazione. Il dogma kikiano a cui si appigliavano per discriminare era quello della sperimentazione nel qui ed ora nelle sue varianti: il Signore passa qui, oggiDio ti parla oggi tramite meil Signore ti ha chiamato qui, la Parola letta a casa domani non ha lo stesso effetto di quella che ascolti qui oggi.


12. Cattivi medici: La malasanità dello spirito.

Avendo essi catalogato le persone secondo le direttive eretiche del Cammino, non è una sorpresa che in qualità di medici spirituali le loro "diagnosi" fossero supponenti, ricalcate e sbrigative. Ad ascoltare i loro consigli si finiva o in Cammino o fuori strada - quindi, all'atto pratico, sempre fuori strada. 

Le conseguenze del loro operato erano quelle comuni a tutta la cattiva medicina, cioè, che il paziente finisce da un altro medico a curarsi sia per il male originario che per i danni provocati dalla cura del cattivo dottore.

Metteresti la tua salute, fisica, mentale, spirituale,
nelle mani di un medico di torbida fama? E quella dei tuoi figli?


Termina qui questa selezione (non esaustiva) dei più eclatanti tratti neocatecumenali che abbiamo rilevato negli incontri organizzati dal Cammino in parrocchia o in diocesi. Confermiamo anche la neocatecumenalità del metodo: iniziatico, gnostico, superstizioso, apodittico, emotivo, contestatario. Tutti questi aspetti non raggiungevano l'intensità a cui si arriva nelle comunità ma, in maggiore diluizione, la sostanza era la stessa. Un ulteriore punto dolente erano le Messe, celebrate alla neocatecumenale con canti, balli, bonghi e battimani, la focaccia, la coppa del vino, la consumazione insieme da seduti, le risonanze. Come già detto, chi veniva catechizzato in parrocchia dai neocatecumenali poi entrava più facilmente in comunità.

Le storture venivano somministrate in mescolanza a parti ortodosse della dottrina e a pratiche accettabili. Tuttavia, nella confusione dottrinale imperante e per la fiducia (e pigrizia) generali, gli aspetti eretici non erano facilmente identificabili. Se ne salvava in parte chi di sua iniziativa si volgeva alle buone letture. Ciononostante, in quel momento in cui anche il Cammino non aveva iniziato a declinare, il successo che queste catechesi, incontri e ritiri riscuotevano era dovuto alla spiegazione ed alla attualizzazione che in essi veniva offerta della Parola di Dio. 

La domanda interiore, soprattutto da parte dei giovani, era molto forte e sarebbe stato bello avere accesso ad una sapienza nutriente per l'anima, ma in modo ortodosso e strutturato, non neocatecumenale. Si perse quindi, in questo modo, un'occasione di evangelizzazione cattolica, che all'epoca servì soprattutto per portare persone e potere alla realtà del Cammino Neocatecumenale.


15 maggio 2022

Kiko Argüello e Charles de Foucauld

Oggi, 15 maggio 2022, viene proclamato santo in Piazza San Pietro Charles de Foucauld,  un originale apostolo del Vangelo che ardeva dal desiderio di far conoscere e amare il “suo” Gesù, vivendo tra i Touareg nel Sahara algerino: “Risiedo qui, solo europeo… Felice di essere solo con Gesù, solo per Gesù”.

L'evento, come ogni canonizzazione, coinvolge e commuove tutta la Chiesa, e soprattutto le 19 famiglie di laici e sacerdoti che si richiamano alla sua spiritualità.

C'è  però anche un 'figlio spurio' che si sente coinvolto e quasi accomunato al nuovo santo in questa giornata speciale, ed è  Kiko Argüello, fondatore del Cammino Neocatecumenale.

Sul sito ufficiale del Cammino neocatecumenale infatti alla canonizzazione di fratel Carlo è stato dedicato un articolo, a firma di don Ezechiele Pasotti,  in cui si afferma che, con Kiko,  vi  sarebbero «legami vari e profondi, e vanno dal momento della loro conversione, all’intuizione della vita nascosta in mezzo ai poveri, al modo di stare come “poveri tra i poveri”, sino al “sogno” di una cappella per l’adorazione sul Monte delle Beatitudini».

Vogliamo analizzare uno ad uno questi presunti legami fra il santo che oggi viene elevato agli altari e colui che, con tanta insistenza, da più  di mezzo secolo sostiene di essere un suo fedele imitatore.

La conversione.

Charles de Foucauld, dopo un’adolescenza vissuta lontano dalla fede, immerso nei piaceri di una vita facile e agiata, cominciò ad avvertire un’inquietudine esistenziale durante una pericolosa esplorazione in Marocco e, rientrato in Francia, continuò la sua ricerca stimolato dai buoni esempi di persone cristiane: «Ho iniziato ad andare in chiesa, senza essere credente, non mi trovavo bene se non in quel luogo e vi trascorrevo lunghe ore continuando a ripetere una strana preghiera: “Mio Dio, se esisti, fa che io Ti conosca!”». Con l’aiuto di un santo sacerdote, il padre Huvelin, ritrovò la fede e tornò ai Sacramenti nel 1886; aveva 28 anni. 
 
«Come credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo far altro che vivere per Lui solo». 
Il cammino di fratel Charles, dal giorno del suo rinnovamento interiore, continua ad essere ricerca appassionata di Cristo, delle sue orme, da ricalcare amorosamente una per una, in modo tale che la sua vita sia insieme imitazione fedele di Gesù e perdita di sé nel “Beneamato”: «Amo Nostro Signore Gesù Cristo e non posso sopportare di condurre una vita diversa dalla Sua... Non voglio attraversare la vita in prima classe, quando Colui che amo l’ha attraversata in ultima classe...».
 
Anche Kiko ebbe una crisi esistenziale, e una conversione, ma il suo obbiettivo non era quello professato da Charles de Foucauld, il seguire l'esempio di Cristo. 
Lo spiega più tardi, nei suoi "Orientamenti per la fase di conversione" (il mamotreto delle catechesi iniziali): «Gesù Cristo non è  affatto un ideale di vita»  «la gente pensa che Gesù Cristo è  venuto a darci una legge più perfetta della precedente e che, con la sua vita e la sua morte, la sua sofferenza soprattutto, ci ha dato l'esempio perché noi si faccia lo stesso. Per queste persone (ndr: ossia per tutti i credenti) Gesù  è un ideale, un modello di vita» «se Gesù Cristo fosse venuto a darci un ideale di vita, come avrebbe potuto darci un ideale talmente alto, talmente elevato, che nessuno lo può raggiungere?»
 
Kiko nelle grotte di Murcia
in una posa "alla de Foucauld"

Il teologo passionista padre Enrico Zoffoli commentava queste, che definì senza esitazione "fandonie", scrivendo: 
«Kiko ignora che il Vangelo è  il messaggio esistenziale che in ultima analisi si riduce alla più  sapiente, amorosa ed eroica sequela di Cristo, spinta fino a pensare, sentire, vivere come Lui, in Lui e per Lui (Fil.2,5).»

Cosa pensava invece Charles de Foucauld della possibilità e necessità di imitare Cristo? Scriveva: «Approfittiamo degli esempi dei santi, ma senza fermarci a lungo né prendere per modello completo questo o quel santo, e prendendo di ciascuno ciò che ci sembra più conforme alle parole e agli esempi di Nostro Signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù».

Esponeva infatti in tal modo la propria ricetta spirituale: «L’imitazione è inseparabile dall’amore: è il segreto della mia vita: ho perduto il mio cuore per questo Gesù di Nazareth crocifisso millenovecento anni fa e passo la mia vita a cercare di imitarlo per quanto è possibile alla mia debolezza.»

È  così  che, dopo essersi consacrato a Dio come monaco trappista,  assetato di maggior povertà, maggior penitenza, maggior conformità a Gesù, con il beneplacito dei superiori e del direttore spirituale, lasciò la Trappa e si recò a Nazareth come eremita presso un monastero di Clarisse; il suo scopo era quello di «condurre il più fedelmente possibile la vita di Nostro Signore, vivendo soltanto del lavoro manuale e seguendo alla lettera tutti i Suoi consigli...».

L'idea, il proposito e la trasposizione nella vita di fratel Carlo di Gesù della sequela di Cristo e del conformarsi a Lui è completamente antitetica a quella di Francisco (Kiko) Argüello.

La vita nascosta tra i poveri.

Charles de Foucauld volle approfondire la sua vocazione attraverso una sorta di vita eremitica, in preghiera, adorazione, lavoro silenzioso e grande povertà.
Ciò avviene inizialmente in Terra Santa presso le Clarisse di Nazareth.

Fratel Charles desiderava condividere questa “vita di Nazareth” con altri fratelli. Per questo scrisse la Regola dei Piccoli Fratelli, che codifica come una “vita di famiglia attorno all’Ostia consacrata”. 
«La mia regola – scrisse – è così strettamente legata al culto della Santa Eucaristia che è impossibile che molti la osservino senza che ci siano un prete e un tabernacolo; solo quando sarò diventato prete sarà possibile avere un oratorio attorno al quale riunirsi e solo allora potrò avere qualche compagno...».

Tornato nuovamente nel suo Paese venne ordinato sacerdote a 43 anni nella Diocesi di Viviers. Ma l’Africa lo chiamava nuovamente e così si recò nel deserto algerino del Sahara, prima a Beni Abbès, povero tra i più poveri, poi più a sud a Tamanrasset con i Tuareg dell’Hoggar.


Kiko Argüello, sostiene l'articolo sul sito del Cammino, ha seguito passo passo le orme del santo. E riporta una affermazione del fondatore spagnolo: «De Foucauld mi ha dato la formula per realizzare il mio ideale monastico: vivere come un povero tra i poveri, condividendo la sua casa, il suo lavoro e la sua vita, senza chiedere niente a nessuno e senza fare niente di speciale».

Non sappiamo esattamente cosa fece Kiko, insieme a Carmen, nel rione popolare delle Palomeras di Madrid.
Certo è  che vi rimasero per poco, e quasi subito cercarono di esportare l'esperienza di "fraternità" provata in particolare con una colonia di zingari stanziatisi in quella zona nelle parrocchie ricche di Madrid.
La povertà estrema, dopo averla provata sulla propria pelle, non era assolutamente il loro ideale di vita, il paradigma di Charles de Foucauld era diversissimo dal loro!

Un esempio della totale indifferenza di Kiko Argüello rispetto all'apostolato fra i reietti della società, si ha con il suo arrivo, insieme a Carmen Hernàndez, in Italia.

Don Dino Torreggiani, primo sponsor ecclesiastico dei due ispanici sul suolo italico, aveva creduto nella autenticità delle loro vantate esperienze tra i poveri di Madrid  e nutriva grandi speranze e aspettative su di loro come "apostoli dei capelloni"  (simpatizzanti del movimento Hippy) che stazionavano giorno e notte in piazza Navona.

Ma Kiko, sbarcato nella Capitale proprio per questa missione, si rivelò un vero disastro! 
Non voleva saperne di evangelizzare i capelloni: dormiva, fino a tardi, andava al cinema...; come confidò lo stesso Kiko a don Cuppini, presbitero nella loro equipe prima di don Pezzi, la sua "ispirazione-aspirazione" era esclusivamente quella di andare a Roma per avvicinarsi al Papa (ed entrare nelle sue grazie).  (Dal libro "Intervista a Francesco Cuppini" di Tarcisio Zanni).

Altro che vita nascosta tra i poveri!

Lo stesso don Francesco Cuppini rileva come "interessante" il fatto che la prima parrocchia "evangelizzata" da Kiko e Carmen a Roma fosse quella dei Martiri Canadesi.
Scrive infatti «da uno che vive con i baraccati ci si poteva aspettare più  logicamente un apostolato rivolto ai poveri, una comunità  di poveri, un po' come a Madrid».
Ma conclude: «Invece il Signore qui a Roma il Cammino lo ha passato direttamente dalle baracche ai borghesi». Quindi, secondo l'idea che Cuppini vuole accreditare, è stato Dio a volerlo, facendo evaporare in breve volgere di tempo  il grande amore dei due iberici (borghesi pure loro) per Madonna povertà!
Non è inessenziale ricordare che questo afflato di vita nascosta tra i poveri non farà  mai più parte degli obbiettivi dei due fondatori del Cammino neocatecumenale.

Il sogno di una cappella per l’adorazione sul Monte delle Beatitudini

Scriveva Charles de Foucauld: «…Io credo mio dovere sforzarmi di acquistare il luogo probabile del Monte delle Beatitudini, di assicurarne il possesso alla Chiesa cedendolo poi ai Francescani, e di sforzarmi di costruire un altare dove, in perpetuo, sia celebrata la messa ogni giorno, e resti presente Nostro Signore nel Tabernacolo...». 
Su questo il santo ha tanto riflettuto e pregato che ne fissa anche la data: 26 aprile 1900, festa di Nostra Signora del Buon Consiglio. Ed era profondamente convinto che la sua vocazione di «imitare il più perfettamente possibile nostro Signore Gesù, nella sua vita nascosta» riceverà qui, sul Monte delle Beatitudini, una consacrazione più radicale e definitiva. 
«Lì potrò infinitamente di più per il prossimo, per la mia sola offerta del santo sacrificio…, sistemando un tabernacolo che con la sola presenza del Santissimo Sacramento, santificherà invisibilmente tutti i dintorni, allo stesso modo in cui nostro Signore nel ventre della madre santificò la casa di Giovanni… come pure con i pellegrini… con l’ospitalità, l’elemosina, la carità che cercherò di praticare verso tutti».

Quando essere stati marxisti
ed atei diventa un vanto...
Ebbene, a questo proposito appare proprio il caso di ricordare il disprezzo nei confronti del Tabernacolo, la tiepidezza nei confronti della Presenza reale e dell'adorazione al Santissimo di Kiko e Carmen.

Diceva Kiko negli "Orientamenti per la fase di conversione": «Noi cristiani non abbiamo altare, perché  l'unica pietra santa è Cristo, Pietra angolare. Perciò  noi possiamo celebrare l'eucarestia sopra un tavolo; e la possiamo celebrare in una piazza, in campagna e dove ci piaccia! Non abbiamo un luogo in cui esclusivamente si debba celebrare il culto».

E Carmen gli faceva da sponda dichiarando: «Io sempre dico ai Sacramentini che hanno costruito un tabernacolo immenso: se Gesù Cristo avesse voluto l'Eucarestia per stare lì, si sarebbe fatto presente in una pietra che non va a male» e proseguiva descrivendo come devianti «l'adorazione, le genuflessioni durante la Messa ad ogni momento, l'elevazione perché tutti adorino...Nel Medioevo all'elevazione si suonava la campana, e quelli che erano in campagna adoravano il Santissimo.»

Date queste premesse, è  normale che finiscano per dichiarare che «stanno scomparendo i contrasti con i protestanti perché andando al centro, all'essenziale, coincideremo con loro» (secondo Kiko e Carmen, saremo noi a coincidere con i protestanti, non viceversa!).

Sempre più abissale la differenza tra la visione di Kiko e Carmen, sulla quale hanno istruito tutti i propri adepti e mai è stata esplicitamente rigettata, e quella di fratel Carlo de Foucauld.

Su quanto poi il lussuoso mausoleo della Domus Galilaeae con la cappella dell'adorazione circolare oppressa dal gruppo bronzeo kikiano  corrisponda all'ideale di de Foucauld, si è  ben espresso in una lettera aperta dolorante e scandalizzata un membro di una delle fraternità ispirate all'esempio di vita di fratel Carlo.

Domanda più che lecita...
Infine, dopo aver parlato dell'imitazione di Cristo, della vita nascosta con i poveri, dell'adorazione davanti al Tabernacolo che furono i fondamenti su cui si è  santificato Charles de Foucauld e rispetto ai quali invece Kiko Argüello e Carmen Hernàndez hanno scelto una strada totalmente agli antipodi, concludiamo con l'idea che nutriva fratel Carlo dell'evangelizzazione cristiana.

Quella di Charles de Foucauld  è un'evangelizzazione «non attraverso la parola, bensì – come lui dirà – attraverso la presenza del Santissimo Sacramento, l’offerta del divino Sacrificio, la preghiera, la penitenza, la pratica delle virtù evangeliche, la carità, una carità fraterna ed universale che divide fin l’ultimo boccone di pane con qualsiasi sconosciuto che si presenti, e che riceve chiunque come fratello amatissimo...».
Imparando la lezione del Vangelo: “Tutto ciò che fate ad uno di questi piccoli, l’avete fatto a me”, apriva sempre la porta quando qualcuno bussava, rompendo la sua solitudine contemplativa. «Dalle 4.30 del mattino alle 20.30 della sera – scriveva in alcuni giorni –, non smetto di parlare, di vedere gente: schiavi, poveri, ammalati, soldati, viaggiatori, curiosi».
La sua vita trascorreva così, all’interno del suo recinto, senza uscire a predicare ma pronto a ospitare chiunque passi di lì, amico o nemico che fosse.

Che differenza con la verbosa, ridondante, costrittiva, dispendiosa, elitaria, divisiva, rumorosa, autoreferenziale  "evangelizzazione" di Kiko, Carmen e del Cammino neocatecumenale!

Kiko voleva che fosse un "monastero"
ma dovette ripiegare sulla cappella

San Carlo de Foucauld, ti affidiamo nella preghiera tutti coloro che ancora credono nelle assurde pretese di santità e di cattolicità del Cammino neocatecumenale così come voluto dai suoi fondatori, perchè, considerando il tuo esempio e le tue virtù, rigettino senza altro indugio le finzioni e le inautenticità con le quali li si vuole tenere avvinti. Così sia.

30 marzo 2022

Intervista a don Mario Pezzi

Domenica 20 marzo 2022 è  andato in onda don Mario Pezzi intervistato da Monica Mondo per Soul, rubrica di Tv2000.
Si tratta di una intervista breve, ma ci sono alcuni punti abbastanza significativi.
Intanto don Pezzi preferisce essere chiamato padre perché dice d'essere rimasto comboniano nel cuore, sebbene la sua carriera di comboniano sia in pratica terminata a pochi mesi dalla propria ordinazione, per il fatidico incontro, nei primissimi anni '70, con Kiko Argüello e Carmen Hernàndez presso la parrocchia romana dei Martiri Canadesi.
Il suo problema ai tempi (erano gli anni del '68, dei preti operai per intendersi) era il "trovare una forma del ministero sacerdotale più  vicino e intellegibile alla gente".  


San Daniele Comboni
evangelizzò l'Africa per davvero
Può essere che con il Cammino si sia avvicinato alle persone, certo che la figura del sacerdote, da lui rivestita, è  stata spogliata delle sue prerogative più importanti, i tre compiti/doni del sacerdote che sono la guida del gregge,  la formazione - nel Cammino compiti esclusivi  dei catechisti laici - e gli è rimasto solo ciò che riteneva la parte più debole e più  lontana dal popolo, quella di dare i Sacramenti: fra l'altro, i Sacramenti rivisitati dalla teologa Carmen che "ha fatto ricerche nei libri e nella Sacra Scrittura e ha trapassato questa sapienza a Kiko". Il sacerdote Pezzi ha solo potuto "assistere alle varie tappe con cui è  nata l'iniziazione cristiana nel Cammino neocatecumenale".

Addirittura, nonostante ammetta di essere stato educato in una famiglia cattolica e di essere stato ispirato dalla figura del Comboni, alla domanda della intervistatrice  "Lei l'ha avuta questa formazione (cattolica)?" risponde "L'ho avuta dopo, nel Cammino".
Insomma, è stato illuminato ed educato totalmente alla scuola dei due iniziatori iberici, ed è stato preso nella loro equipe solo perché  "nelle equipe ci deve essere il presbitero".

Riportiamo la sua risposta alla domanda su cosa sia il Cammino.
"Il Cammino è un dono che Dio ha fatto attraverso Kiko e Carmen alla Chiesa di oggi. Il Concilio è stato convocato per trovare un linguaggio per trasmettere le verità di sempre in un modo nuovo, più... e il Concilio ha dato le risposte soprattutto riscoprendo il valore della Parola di Dio che non può essere capita senza l'antico Testamento. Questa connessione sta alla base del Cammino neocatecumenale. Ha rinnovato la liturgia (qui ci stiamo perdendo: chi avrebbe rinnovato la liturgia? Il Concilio o Kiko e Carmen? Da come prosegue sembra siano stati Kiko e Carmen) Kiko come artista ...è  pittore, musicista, architetto e... tante altre cose...Carmen è  più  ricercatrice perché  era una chimica abilitata alla ricerca (???) e ha fatto questa ricerca nei libri e nella Sacra Scrittura e ha trapassato questa sapienza a Kiko, e io ho  assistito alle varie tappe con cui è  nata l'iniziazione cristiana nel Cammino neocatecumenale".
Insomma, il prossimo passo sarà quello di attribuire il Concilio direttamente a Kiko e Carmen!
L'intervistatrice a questo punto riporta il Pezzi, che stava partendo per la tangente, a terra chiedendogli "Quanto dura questo Cammino  neocatecumenale? O dura tutta la vita?"

Quanto dura il Cammino? Circa così...

Don Pezzi nega che duri tutta la vita. Infatti noi sappiamo che dopo più  o meno trent'anni si completa con il battesimo al Giordano, ma questo non vuol dire assolutamente che il singolo non sia tenuto a dover restare neocatecumenale, perché  gli viene spiegato che a quel punto è  appena nato: poi c'è  l'infanzia, l'adolescenza...consideriamo almeno altri 33 anni per arrivare alla piena maturazione, se brucerà le tappe come Gesù.

Don Pezzi afferma che il RICA (il Rito dell'Iniziazione Cristiana degli Adulti, cioè il percorso formativo che un adulto non battezzato riceve prima del Battesimo) "dice che non c'è  problema di tempo... ha una durata non stabilita".
E con questa scusa viene imposto a cattolici che hanno fatto sicuramente più  anni di catechismo in preparazione  ai Sacramenti un tempo indefinito di attesa prima di potersi dichiarare degni di dirsi battezzati.

Don Pezzi dimentica volutamente che il tempo non definito del RICA potrebbe essere condensato anche nell'ambito di una sola celebrazione, quella battesimale, se il candidato è  già  preparato e maturo nella fede!
 
Qui, con i suoi formatori
 
Continua don Pezzi dopo aver preso la rincorsa: "I nostri angeli, i catechisti itineranti che vanno senza soldi buttando la sua vita per l'annuncio, annunciano la buona notizia che Dio ci ama come siamo e che non chiede che cambiamo per amarci. E questo tocca il cuore soprattutto dei molti peccatori perché sempre abbiamo avuto lo schema che Dio ama i buoni e castiga i cattivi e invece Dio ci ha amati quando eravamo suoi nemici... E Gesù  Cristo dandoci il suo Spirito ci fa figli di Dio... San Paolo nelle lettera ai Galati dice che i frutti della carne sono invidia, gelosie...i frutti dello Spirito  che abita in noi invece... chiaro che ci vuole una iniziazione. Noi siamo abituati che per diventare ingegnere ci vuole un corso  di tanti anni, per diventare chirurgo...e per diventare cristiani... per questo il Cammino è un dono a questa società" eccetera eccetera.

È  la solita vecchia storia di Dio che ti ama come sei e che non ti chiede di cambiare. E si passa dal peccato all'avere lo Spirito dentro senza nessuna contrizione per il peccato, nessuna confessione nessuna conversione.
Don Pezzi omette di dire che San Paolo proprio in quel brano citato avverte i Galati "circa queste cose (invidie, gelosie eccetera) vi preavviso, come gia ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio". E i Galati erano convertiti e battezzati, eppure San Paolo non riteneva che avessero lo Spirito Santo in automatico, non dimenticava di chiarire la necessità di cambiare vita per essere in grazia.

Soprattutto mai la Chiesa ha pensato o si è  comportata in modo da far credere che per poter essere e dirsi cristiano bisognasse fare una laurea in ingegneria o in medicina, come don Pezzi cerca di far credere per giustificare l'esistenza del Cammino neocatecumenale, anzi la sua necessità  nella società odierna.
Senza contare il fatto che mediamente un neocatecumenale dopo trent'anni di studio è  più ignorante in materia di Sacra Scrittura di un pentecostale dopo un training di un paio d'anni.

 

Nennolina e Anna De Guigné, due bambine sulla via della canonizzazione senza bisogno della laurea in ingegneria del Cammino

La parte finale dell'intervista è  dedicata alla trasmissione della fede ai figli, con le Lodi alla domenica mattina, la partecipazione all'Eucarestia neocatecumenale quando hanno una certa età e "quando hanno 13 anni sono invitati ad entrare in una nuova comunità": e qui si chiude il cerchio.
L'intervistatrice crede di ravvisare un che di ebraico in questa formula formativa. Don Pezzi, felice, conferma e, dimentico del fatto che un ebreo maschio veniva accolto nel popolo già  con la circoncisione, così  come nella Chiesa si entra con il Battesimo fatto già da infanti, paragona la formazione dei giovani alla  accettazione di un  proselito come ebreo solo se è pronto a morire. È  chiaro che la Chiesa dei sogni di don Pezzi non è più la Chiesa cattolica. Oppure il Cammino lo ha confuso oltre ogni limite.

Alla domanda conclusiva su se il Cammino sia anch'esso in crisi di adesioni, la vaga risposta di don Pezzi risulta essere una conferma.

Con il canto finale "Maria piccola Maria" risuona finalmente  nello studio La voce del Padrone.